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MONS. GALANTINO E LE PRIORITÀ DELLA CHIESA SICILIANA

Mons. Nunzio Galantino, neo segretario della Conferenza Episcopale Italiana, è giunto a Palermo il 19 febbraio scorso presso la sede della Conferenza Episcopale per incontrare i Vescovi di Sicilia riuniti per la Sessione invernale. Ad attenderlo giornalisti e operatori tv che gli hanno rivolto alcune domande.

Mons. Nunzio Galantino, neo segretario della Conferenza Episcopale Italiana, è giunto a Palermo il 19 febbraio scorso presso la sede della Conferenza Episcopale per incontrare i Vescovi di Sicilia riuniti per la Sessione invernale. Ad attenderlo giornalisti e operatori tv che gli hanno rivolto alcune domande.

Quali gli argomenti che tratterà incontrando i vescovi di Sicilia?

Sono venuto qui per sapere cosa posso fare per i vescovi di Sicilia, cioè cosa la nostra Segreteria può fare per loro. Insomma …  sono venuto a prendere ordini!

La Sicilia affronta il problema dell’immigrazione da molti anni e con essa la Chiesa siciliana. È di ieri la notizia di altri due morti sulle rotte della speranza. Da questo punto di vista l’Europa e l’Italia cosa stanno facendo?

Devo dire che la Sicilia viene vista da tutti come modello di accoglienza. Non accoglienza fatta di progetti campati in aria, ma concretamente. So che le più grandi realtà di accoglienza sono quelle legate alle nostre realtà di Chiesa. Assodato questo è evidente che finché l’Europa non si renderà conto che il problema dell’immigrazione non è un problema dell’Italia né tantomeno della Sicilia, ma di tutta quanta l’Europa, non si andrà molto lontano. Lo sapete tutti cosa sta facendo l’Italia all’indomani della tragedia di Lampedusa, con l’iniziativa “Mare nostrum” che ha salvato tantissime vite in questi ultimi tempi. Quindi devo dire che dei segnali ci sono. Però il ruolo che la Chiesa ha avuto e sta avendo mi sembra sia davvero esemplare. Per cui io dico che l’otto per mille alla Chiesa è proprio ben speso.

Cosa si aspetta la Chiesa italiana dal nuovo governo Renzi?

Quello che ci si dovrebbe aspettare da chiunque ha in mano la cosa pubblica, soprattutto che si stabiliscano delle priorità serie, non ideologiche o ideologizzate. In questo momento è sotto gli occhi di tutti l’importanza della centralità della famiglia, fatta di padre, madre e figli, che sono la stragrande maggioranza delle persone. Di sicuro c’è il problema del lavoro e l’attenzione ai giovani. Insomma c’è da dare dei segnali che possano rimettere in cammino le speranze della gente.

Il dramma della disoccupazione è arrivato anche sul palco di Sanremo. Come si sta muovendo la Chiesa?

Mi dispiace che ci sia voluto Sanremo per far capire che quello della disoccupazione fosse un dramma. Basta camminare per strada, incontrare seriamente le persone e non nei teatri per rendersi conto che la disoccupazione è un fatto serio e non da oggi. Non mi pare che la Chiesa stia con le mani in mano. Basta girare per le piccole e grandi diocesi e vedere che tipi di interventi che si fanno. Però è chiaro che a coloro che guidano la cosa pubblica si chiede molto di più; si chiede di programmare e progettare in maniera tale che questo dramma possa essere almeno ridotto, tanto per cominciare.

Qual è la sfida più importante che attende la Chiesa?

Il Vangelo.

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