Il Triduo Pasquale culmina nella Veglia di Pasqua, intensa e solenne, che celebra, nell’incontenibile gioia dell’Exsultet e degli Alleluia, la Risurrezione del Signore. La Pasqua è la festa più importante per i cristiani, centro e cuore di tutto l’anno liturgico: si celebra la Risurrezione di Cristo dalla morte e la salvezza che da essa deriva e riguarda il mondo intero. Per questo, particolarmente intense sono le riflessioni che i pastori offrono ai fedeli in questa occasione. Spesso, questo accompagnare i credenti attraverso il grande Mistero della Passione e della Morte, e fino alla Risurrezione di Gesù, diventa un vero e proprio Messaggio di Pasqua.
Ecco una sintesi delle parole dei vescovi ai fedeli delle diverse diocesi di Sicilia in questa Pasqua 2017.
AGRIGENTO. L’arcivescovo, il cardinale Francesco Montenegro, ha affidato gli auguri di Pasqua ad un un video messaggio nel quale ricorda come “L’augurio di buona Pasqua è un augurio di cui tutti abbiamo bisogno”. “Vorrei davvero – dice il cardinale – che questa Pasqua significhi risurrezione. Mettiamoci in piedi , ha esortato nel messaggio. Quando il Vangelo – ha proseguito – parla della Pasqua c’è sempre gente che corre. Corrono le donne, corrono i discepoli di ritorno dal sepolcro vuoto. Non rassegniamoci! Chi si rassegna non può far Pasqua ha proseguito il cardinale Montenegro, crediamo che il bene è possibile, crediamo nella forza della luce, crediamo che la vita può sempre riprendere. A Conclusione del messaggio il cardinale riprende un’immagine cara gli agrigentini, quella del mandorlo in fiore che fiorisce anche in inverno. “Sarebbe bello – dice – se potessi regalare un ramo di mandorlo a ciascuno, per ricordare che ognuno di noi è quel fiore profumato che permette di rendere più bello quel pezzettino di mondo in cui abita”.
CALTAGIRONE. Mons. Calogero Peri ha affidato ad un video messaggio i suoi auguri di Pasqua ai fedeli. “Non esiste una Pasqua ‘uguale’ ad un’altra – ha detto -, perché la Pasqua è come la vita: non si ripete mai, apre ad opportunità sempre nuove. Noi cristiani lo crediamo, anche se la fede ha sempre bisogno di crescere! E’ un evento “eversivo” sempre nuovo, diverso e sorprendente. L’accadere di cose terribili di ogni genere – ha aggiunto – fanno tremare il cuore e minacciano alla radice le sue attese più intime: guerre, violenze inaudite, iniquità, abusi inenarrabili, prepotenze e corruzione… anche nella Chiesa dei suoi discepoli. Eppure – aggiunge mons. Peri – seppur storicamente collocato duemila anni fa, il Mistero del Risorto si propone instancabilmente come kerigma prepotente di salvezza “ieri, oggi e sempre”. E ogni vivente sente di essere in qualche modo contemporaneo di attese nuove e possibili proprio per la forza di quell’incredibile evento. Se il Signore del tempo e della storia – ha proseguito il vescovo -, travolgendo e scavalcando ogni cronologia umana, continua a “parlare” con un linguaggio “nuovo” di un Vangelo più forte delle mille paure interiori ed esteriori, che sembrano minacciarci con invincibile protervia e attanagliare il cuore, qualcosa vorrà pur dire. Nella pietra ribaltata di quella tomba nella quale qualcuno credeva di avere seppellito per sempre il Signore della vita, c’è scritto col dito di Dio, come sulle tavole del Sinai, un messaggio ridondante di ogni promessa: la luce sfolgorante del Risorto ha scritto la sentenza definitiva contro ogni disperazione, ogni ingiustizia, ogni paura, ogni dolore, ogni nonsenso, proclamandone la sconfitta. Adesso lo sappiamo per certo: per grazia di Dio, tutto diventa possibile”.
MAZARA DEL VALLO. “Chi conosce il libro di Qoèlet sa che uno dei ritornelli di questo breve scritto anticotestamentario è proprio la sconsolata espressione: non c’è niente di nuovo sotto il sole. E sono tanti quelli che condividono questa linea di pensiero e continuano a essere d’accordo con lui, ritenendo di avere buone ragioni per affermare che tutto è vecchio e non c’è speranza che qualcosa cambi”. Mons. Domenico Mogavero, nel suo Messaggio pasquale, cita alcuni “degli aspetti dell’esistenza che hanno tutti caratteri del già visto”, come la povertà sempre più grave e diffusa, “gli assassinii di donne innocenti, inermi e indifese” e gli “infanticidi sciagurati anche a opera di genitori infami”, le “stragi del sabato sera che fanno cronaca solo se il numero dei morti è consistente”. E ancora “le guerre con i massacri di civili innocenti; i paradossali naufragi di barconi della morte che affondano in mare le speranze di vita di tanti uomini, donne e bambini che chiedono ad altri simili di poter godere della gioie consentite a tutti i viventi; le droghe assassine che ingrassano i venditori di morte, affossando il benessere e la pace delle famiglie; le ludopatie che sconvolgono la mente e gli stili di vita di persone insospettabili; gli incredibili abusi di minori da parte di pedofili incoscienti”. Se, a prima vista, si potrebbe dare ragione a Qoèlet, in realtà non è così. “O meglio sarebbe stato così e senza possibilità di cambiamento – scrive mons. Mogavero -, se il Figlio di Dio non si fosse fatto uomo come noi. Con Gesù Cristo l’uomo e il mondo non sono più come prima”. E aggiunge: “Un problema grande rimane comunque aperto. Questa carica esplosiva di novità è stata consegnata e affidata ai credenti perché ne diventassero testimoni e operatori. Il vero interrogativo, allora, non è verificare se c’è qualcosa di nuovo sotto il sole, ma chiedersi perché la luce del Risorto, dopo oltre duemila anni, non è riuscita a farsi spazio nella storia dell’umanità. E la risposta è semplice ma dolente: noi, i risorti, non siamo stati capaci di svecchiare e rinnovare una realtà che chiede insistentemente, ma invano, di essere cambiata profondamente dal didentro”.
MESSINA. “Da soli non andiamo da nessuna parte; da soli creiamo solamente steccati, non comunichiamo, non ci relazioniamo, non generiamo vita, non diventiamo testimoni del Signore che, risorto, ha bisogno, oggi, delle nostre mani e della nostra presenza per riportare e ridare fiducia ai tanti sfiduciati della nostra storia”. Così l’arcivescovo di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, mons. Giovanni Accolla, nel messaggio pasquale alla diocesi. “Questa Pasqua purtroppo è segnata da tante violenze, da tante conflittualità anche a livello internazionale”, rileva mons. Accolla, aggiungendo che “non possiamo vivere la nostra Pasqua senza sottolineare in maniera forte quello che è il significato profondo della solidarietà, osservando le tante sacche di povertà”. “Le sacche di povertà si verificano laddove l’emarginazione domina sulla solidarietà, dove si creano steccati, si interrompono i ponti, dove la comunione è spezzata, l’uomo soffre dentro e addirittura è spezzato e diviso dentro”, osserva l’arcivescovo, invitando “ad avere premura verso l’altro”. Mons. Accolla conclude auspicando che venga avvertito “il bisogno di far rinascere nel cuore di ognuno la gioia di un riscatto, il riscatto di vedere che tutte le preziosità e tutti i doni che ci sono in ognuno sono doni da condividere, non doni di cui appropriarsi per non condividere”.
MONREALE. “Noi Cristiani siamo chiamati a confrontarci con gli avvenimenti della vita di questi ultimi giorni, gravata dal pesante bagaglio di sofferenza, di dolore e di morte e ne dobbiamo offrire una lettura ‘pasquale’ alla luce della morte e della risurrezione di Cristo”. Nel suo Messaggio di Pasqua, l’arcivescovo mons. Michele Pennisi addita “l’odio, l’orgoglio, la prepotenza, la vendetta, l’intolleranza, che sono all’origine di ogni atto di violenza e di terrorismo” e che “derivano dalla mancanza di speranza”. “I terroristi e gli appartenenti alle varie mafie sono persone tristi – scrive – senza futuro che vogliono uccidere la speranza di un mondo rinnovato dal messaggio evangelico dell’amore e del perdono dei nemici. Noi cristiani sull’esempio di Gesù, che sulla croce ha perdonato ai suoi crocifissori, siamo chiamati a pregare per la loro conversione e a perdonarli”. Mons. Pennisi ha ricordato le ferite del mondo e il sangue versato da un capo all’altro della terra e rivolge un pensiero ai cristiani perseguitati. “Pochi si curano di loro, perché i cristiani sono inermi, discepoli di un Crocifisso, pacifici, ma paradossalmente scomodi”. L’invito del vescovo ai fedeli è, allora, quello a lasciarsi “rinnovare dalla certezza della misericordia di Dio, che come un fiume possa irrigare i deserti del nostro mondo e diventiamo messaggeri di questa misericordia, impegnati a far fiorire la giustizia e l’amore e ad accogliere in un abbraccio di pace tutti”.
NICOSIA. Nel giorno del Venerdì Santo, contemplando il Crocifisso, mons. Salvatore Muratore si è soffermato sui “segnali di morte che attraversano il cuore dell’uomo e la sua storia”. A Pasqua, come in un continuum, l’invito è a “cogliere i tanti segnali di vita che Cristo risorto suscita in mezzo a noi. Non è facile e semplice ottimismo di giornata. C’è una certezza – dice il vescovo – che attraversa la storia: Gesù risorto, è il vivente e il Signore del mondo. Le oscurità e le paure non possono tenere in ostaggio il nostro cuore, le parole degli angeli sono chiare ed inequivocabili: il Signore «non è qui, è risorto!». Non è nella paura – aggiunge -, nella tristezza, nella morte nel peccato e nell’egoismo degli uomini; Egli è Risorto, egli è la nostra gioia più grande, è sempre al nostro fianco e non ci deluderà mai”. Il vescovo, oltre a benedire la Chiesa diocesana nel felice anniversario della fondazione, augura “Buona Pasqua alle famiglie! Aprite finestre e porte della vostra casa – è l’invito di mons. Muratore – perché la brezza della risurrezione porti freschezza e novità nelle vostre relazioni. Buona Pasqua ai seminatori di speranza! Sarete genitori, insegnanti, catechisti, amici del gruppo, vicini di casa, contagiate gioia e fiducia nelle persone che intrecciano i loro passi con i vostri. Buona Pasqua a tutte le persone sole, nel dolore, gli ammalati! Gesù vi è vicino, e con voi nell’abisso del dolore per essere la vostra forza. E mani amiche possano farvi sentire la sua carezza. Buona Pasqua giovani! Non soffocate nel vostro cuore il desiderio di Gesù, “è Lui che cercate quando sognate la felicità… è Lui la bellezza che tanto vi attrae… è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere” (GPII). Buona Pasqua a voi che faticate perché delusi, disperati, disoccupati, abbandonati! La risurrezione di Cristo vi invita ad alzare lo sguardo e a non perdere la speranza. Buona Pasqua cercatori di Dio! Non perdete mai l’impegno della ricerca, l’onestà intellettuale, il gusto del bene e la capacità di scoprire le tue tante impronte, anche divine, che portate nel cuore”
NOTO. Il Messaggio pasquale del vescovo mons. Antonio Staglianò parte dalla canzone “Dio è morto” di Francesco Guccini. Ricorda in questo modo la forza della Resurrezione: “Il Risorto è l’amore che ci porta via dall’inerzia della morte, specie di quella che, durante la nostra vita, ci rende incapaci di reagire rispetto all’ingiustizia, allo svilimento della dignità di tante persone, alla mercificazione dei corpi di altri (non penso tanto alla prostituzione, ma soprattutto al traffico di organi di tanti esseri umani), alla devastazione della bellezza del nostro ambiente e al suo avvelenamento, come anche alla sofferenza di tanti fratelli schiantati sulle croci del loro inconsolabile dolore. Eco – aggiunge – perché, di giorno in giorno, non si può mai smettere di lavorare per la nostro concreta e quotidiana risurrezione. Se Gesù è Risorto, noi dobbiamo risorgere e non c’è altra via se non quella di praticare l’amore, attraverso le opere di misericordia: tutte, spirituali, corporali”. Mons. Staglianò aggiunge: “Se nella preghiera chiediamo “liberaci dal Male”, vogliamo che Dio Padre ci aiuti a metterci in salvo da tutto quanto oscura il senso cristiano della vita. E’ il macigno posto davanti alla tomba di una esistenza cadaverica che occorre rimuovere e la fede cristiana esiste appunto per questo”. Infine l’invito: “Se Gesù è risorto, mettiamoci a lavoro, a lavoro per risorgere”.
PALERMO. L’arcivescovo mons. Corrado Lorefice, nel suo Messaggio in occasione della Pasqua, propone una riflessione che prende spunto dagli Atti degli Apostoli, precisamente dal passo in cui Pietro, nella casa di Cornelio, disse: «In verità, io riconosco che Dio non ha preferenze di persona, ma gli è accetto colui che lo teme e osserva la giustizia, di qualunque nazione egli sia». “Per Pietro ciò che è avvenuto a Pasqua è per tutti gli uomini e non c’è nessuno che sia escluso da questo dono, da questa grazia, da questa salvezza; nessuno – dice mons. Lorefice – è escluso dal timore e dalla gioia grande, dall’estasi del sepolcro vuoto; nessuno è escluso dall’incontro col Signore risorto, purché tema Dio e faccia la giustizia”. Per l’arcivescovo, la realtà espressa per la quale Cristo è il Signore di tutti “spegne ogni preoccupazione sulla presenza della Chiesa nel mondo, sul come essere presenti da cristiani tra gli uomini. Ogni preoccupazione viene superata, non ha senso, dal momento che è così limpida, sicura, serena, pacifica la certezza degli apostoli, ricevuta dal contatto col Signore risorto, che egli è il Signore di tutti. E allora – scrive mons. Corrado Lorefice – perché preoccuparsi? Ogni volta che noi incominciamo a dubitare delle vie del Verbo di Dio sulla terra, del cammino della parola del Signore tra gli uomini, dei passi dei suoi evangelisti, del cammino della sua Chiesa, ogni volta che noi incominciamo a dubitare di questo, ciò accade perché non siamo ancorati a questa serena certezza: egli, il Crocifisso, quello posto tra i morti, lui, il Risorto, è già, indipendentemente da ogni nostra azione e da ogni nostro intervento, il Signore di tutti. Agisce già, con assoluta onnipotenza, all’interno dall’azione e dello sviluppo di tutte le vicende degli uomini e di ogni cuore, di ogni creatura che viene in questa terra. E’ il Signore. Egli – conclude – feconda di vita e di liberazione, di luce e di pace. Egli è Misericordia che vince il peccato, amore che vince l’odio, risurrezione che vince la morte”.
PATTI. Per il vescovo emerito mons. Ignazio Zambito, amministratore apostolico della diocesi, “l’alleluia della risurrezione di Gesù che risuona nelle nostre chiese dalla Pasqua del Signore riempirà di sé l’intero anno”. Per il vescovo, rispetto al mistero della Passione, Morte e Risurrezione di Cristo “non comprendiamo sempre, tutto e bene”. “Non dobbiamo meravigliarci se non comprendiamo” dice. “Noi sappiamo ma non basta sapere. Occorre ricordare, come Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo e le altre che erano insieme che sanno e ricordano quanto hanno esperimentato nel loro rapporto con Gesù, la sua croce, la sua morte e sepoltura e, il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recano alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato per la sepoltura di Gesù. Occorre che il cuore sia riscaldato come quello dei discepoli Emmaus. Occorre che esperimentare che dalla tomba del Signore risorto promana oggi e qui, grazia, forza, luce”. Nel Messaggio di Pasqua ai fedeli, mons. Zambito indica le “meraviglie” del Signore. “Quali? – scrice – Quelle della vita di Teresa di Calcutta, di Livatino, Beretta Molla, Igino Giordani, Pergiorgio Frassati”, e ancora “quelle di quello sposo che assiste con devozione, delicatezza e fierezza la sua dama persa nelle nebbie della demenza senile, quelle della madre che della madre che per 49 anni sente ciò che il figlio con il suo disagio non sa e non è in grado di esprimere. Quelle del battezzato – aggiunge il vescovo – che lascia il ruolino imborghesito impresso ai suoi giorni e va. Quelle del giovane che gusta il fascino della povertà, della mitezza, della pace, della castità per il Regno. Quelle di chi segue Gesù che, libero come libellula, né sasso ha né nido come, pure volpi e uccelli dell’aria hanno. Quelle indicate dalla Parola quando lumeggia il dinamismo che sgorga dalla tomba vuota di Gesù per distruggere il lievito stantio e purulento dell’egoismo, della calunnia, dell’usura, del cambiare le carte in tavola per il proprio tornaconto”. E conclude esortando gli uomini: “Grandi cose il Signore ha fatto e fa per voi. Più grandi vuole farne con voi”. Alle donne, invece, un invito: “La Città, quanto la Chiesa, ha bisogno del vostro genio, della vostra sensibilità, della vostra capacità di rendere grandi le cose piccole con la forte dolcezza, che, caratterizzandovi, vi rende provvidenziali e insostituibili madri e sorelle”.
PIANA DEGLI ALBANESI. Nel messaggio di Pasqua che mons. Giorgio Demetrio Gallaro ha scritto ai fedeli evidenzia che “La Risurrezione di Gesù ha cambiato in modo radicale l’atteggiamento dei discepoli. Essi, che nel momento della passione avevano abbandonato Gesù, si ritrovano di nuovo insieme, ricompongono il gruppo dei dodici, esprimono la nuova comprensione di Gesù con inni di lode e di ringraziamento a Dio, sperimentano in se stessi una vita nuova e si sentono impegnati in una missione di testimonianza e di annuncio nello stesso ambiente che prima aveva visto la condanna di Gesù”. Per l’eparca aggiunge: “La Risurrezione di Gesù interessa e coinvolge anche noi. È la possibilità concreta data da Dio a ogni uomo di passare dalle tenebre alla luce, dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dalla disperazione alla speranza. È un evento che infonde coraggio alla nostra azione apostolica e a tutta la nostra presenza di Chiesa nel mondo finalizzata alla salvezza umana. Pienamente inseriti in questo mistero che celebriamo – è l’augurio di mons. Gallaro -, dobbiamo saperci presentare nel nostro ambiente saldi nella fede, fiduciosi nella speranza, operosi nella carità”.
PIAZZA ARMERINA. Così inizia il Messaggio di Pasqua del vescovo mons. Rosario Gisana, che è per titolo “Pasqua nella fratellanza dei popoli”:“Con la festa di Pasqua si fa memoria della risurrezione di Cristo: un evento che scosse profondamente l’esperienza di fede della prima comunità cristiana. Ad interpretare il senso quest’evento, tra i primi testimoni del cristianesimo, fu l’apostolo Paolo, che osservò, nella nuova condizione in cui era stata posta l’umanità con la risurrezione di Cristo, un modo diverso di vedere le cose”. E aggiunge: “Dal momento in cui Cristo è veramente risorto, l’umanità si trova a sperimentare gli effetti di quest’evento nella quotidianità delle sue relazioni. In altri termini, occorre ammettere che esiste, al di là delle corrispondenze più o meno riuscite dell’umanità, un’azione provvidente di Dio che l’accompagna e la sostiene, oltre al fatto che l’evento della risurrezione ha prodotto su di essa un preciso orientamento: la necessità per i popoli di incontrarsi nel mutuo rispetto delle loro appartenenze”. Il vescovo sottolinea la “bellezza della fraternità”. L’accoglienza vicendevole, che comincia dalle relazioni più intime, come famiglia e città, interessa anche l’incontro e il dialogo tra i popoli nella peculiarità di razza, cultura e religione. Il movimento esodale, che sta coinvolgendo l’Europa – spiega mons. Gisana -, è, in questo senso, particolarmente significativo. Al di là delle condizioni di bisogno, un aspetto preponderante si manifesta nei popoli: la riscoperta di un’appartenenza che non potrà mai più essere ritrattabile. L’uno è fratello all’altro nella diversità e nell’uniformità”. Per il presule “Con la risurrezione, Dio ha potuto realizzare questa significativa comunicazione «del tutto in tutti»”. La risurrezione di Cristo, allora, comunicata a tutti i popoli, “sollecita la riscoperta di ciò che effettivamente accomuna tutti: quella creaturalità che, passando per Cristo risorto, si scopre mutua fratellanza nel rispetto di una diversità che arricchisce e svela la verità su Dio”. [01]
Condividi