ELEZIONI. IL VOTO CON DOPPIA PREFERENZA
Nel corso della XVI legislatura il Parlamento italiano, ai fini dell’attuazione del principio di parità di genere, che trova fondamento negli art. 3 e 51 della Costituzione, ha approvato la legge n. 215/2013 che ha introdotto disposizioni volte a promuovere il riequilibrio della rappresentanza di genere nelle amministrazioni locali. La regione Sicilia ha recepito tale normativa con la legge regionale n. 8/2013 “Norme in materia di doppia rappresentanza e doppia preferenza di genere” apportando modifiche alla legge elettorale esistente per l’elezione dei Consigli comunali e circoscrizionali. In particolare, la norma stabilisce che “l’elettore può manifestare sino a un massimo di due preferenze esclusivamente per i candidati della lista da lui votata. Nel caso di espressione di due preferenze una deve riguardare un candidato di genere maschile e l’altra un candidato di genere femminile, pena la nullità della seconda preferenza”. Ma la norma impone anche una limitazione ai generi presenti nelle liste: infatti, “nessun genere può essere rappresentato in misura superiore ai 2/3 dei componenti della stessa lista”.
Il pericolo del voto di scambio. Ma il tessuto sociale siciliano è pronto a utilizzare la doppia preferenza di genere nella sua espressione originale, ossia una maggiore rappresentatività del genere femminile nelle amministrazioni locali, o si presta a una maggiore diffusione del voto clientelare? “In Sicilia – spiega Antonio La Spina, ordinario di sociologia generale, giuridica e politica all’Università di Palermo – il voto clientelare è molto diffuso. La seconda preferenza di genere si presta, in effetti, a rendere meglio ‘verificabile’ l’espressione del voto”. Tuttavia, chiarisce il professore, “occorre anche chiedersi se, in assenza di tale innovazione, il voto clientelare risulta ostacolato o ridotto. Presumibilmente non molto. Se la seconda preferenza favorisse il voto clientelare, allora la necessità di evitare il voto di scambio potrebbe suggerire di rinunciare a tale innovazione. Ma se, invece, la differenza non è tanta (specie in presenza di un voto molto frammentato tra numerosi candidati), allora la forza di questo argomento viene meno”. Il contesto sociale, conclude La Spina, “non è ideale, ma si potrebbe anche ribattere che una modernizzazione della Sicilia passa anche attraverso un maggiore impegno diretto delle donne, nel lavoro, così come in politica, che la doppia preferenza serve appunto a favorire”.
Posizioni contrastanti. Il Cif (Centro italiano femminile) regionale è spaccato sulla doppia preferenza di genere. Dora Muccio Cascone, presidente del Cif regionale, sottolinea: “Da una parte delle componenti della presidenza regionale l’introduzione di questa norma è vista come un modo concreto per un cammino di reale partecipazione delle donne all’amministrazione della ‘Polis’. È una norma che non sminuisce il ruolo e le capacità delle donne, ma può contribuire a riequilibrare la presenza femminile nei consessi elettivi delle istituzioni regionali a tutti i livelli, presenza molto spesso negata da alcuni partiti all’atto della selezione delle candidature”. “Un’altra parte della presidenza – prosegue Muccio Cascone – ricorda che già l’art. 51 della Costituzione sancisce che tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, quindi non era necessaria alcuna norma specifica che dettasse ancora nel 2013 il ‘modus operandi’ delle donne affinché possano accedere alle cariche elettive”. Ma per capire cosa cambierà veramente con questa norma, dovremo attendere lo spoglio delle amministrative che vedranno interessati alcuni centri siciliani i prossimi 9 e 10 giugno, valutando con attenzione due elementi: la percentuale di schede contenenti un’unica preferenza di genere femminile e la percentuale di candidate elette.
(Fonte SIR Regione)
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