AL VIA IL CONVEGNO DEI DELEGATI DIOCESANI “PER CONVENIRE A FIRENZE”
Il saluto e l’accoglienza del card. Paolo Romeo e la riflessione biblica di mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza – Bobbio e vice presidente del Comitato preparatorio del V Convegno ecclesiale nazionale hanno aperto, a Cefalù, l’incontro dei delegati diocesani al V Convegno delle Chiese d’Italia in programma a Firenze.
Il card. Romeo, presidente della Conferenza Episcopale Siciliana – che in concomitanza ai lavori del Convegno sta svolgendo la sua Sessione invernale di lavoro – ha accolto quanti sono stati chiamati a rappresentare la Sicilia all’appuntamento nazionale. “Ci tenevo a dare personalmente il benvenuto a ciascuno di voi, perché – ha detto – sono cosciente dell’importanza di ognuno dei delegati delle Chiese di Sicilia che vi preparate, insieme con noi, al Convegno di Firenze. Abbiamo guardato all’interno della Chiesa, adesso dovremo volgere lo sguardo all’esterno, a come si proietta la Chiesa nella società e nella vita dell’uomo. Cristo stesso, pienezza dell’Umanità – ha aggiunto l’arcivescovo di Palermo -, viene a restaurare il disegno primigenio del Signore e ci conquista la grazia perché, nel riportare l’armonia, aiuta l’uomo a vivere secondo il disegno di Dio.
Non si tratta di chiederci se il nostro Vangelo è espresso bene o bene incarnato, ma di capire se riporta l’uomo all’originario disegno di Dio, ridandogli quella sua dimensione di creatura ad immagine e somiglianza di chi l’ha creata. Tutti capiamo l’importanza di questo momento per la Chiesa d’Italia. A voi è chiesto non solo di vivere con responsabilità la vostra partecipazione non in autonomia, non come singoli rappresentanti, ma piuttosto in nome della nostra terra, delle nostre diocesi e, a cascata, delle nostre parrocchie.
Ecco l’importanza di coinvolgere un raggio sempre più grande per captare i gemiti dello Spirito nella realtà diocesana, che ci permetteranno di comprende cosa è questo umanesimo dal quale ci siamo allontanati e come potremo avvicinarci nuovamente.
Il calo di umanesimo e di umanità è indubbio, ma non si tratta solo di un sentimento collettivo: dobbiamo sentire il polso della gente, conoscerla, cercare di capirla … solo così la nostra presenza sarà pregnante! Ricordo – ha concluso il presule – quando Giovanni Paolo II parlava della nuova evangelizzazione. Diceva che non si tratta di scrivere un nuovo cammino, ma di rinnovare impegno e metodi e di trovare quelle espressioni che nella vita umana permettono di percepire la novità”.
È stata incentrata su San Paolo la riflessione biblica offerta in apertura dei lavori del Convegno dei delegati diocesani chiamati a rappresentare la Sicilia al grande appuntamento che la Chiesa italiana si è data a Firenze. L’esempio dell’apostolo è stato presentato da mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza – Bobbio e vice presidente del Comitato preparatorio del V Convegno ecclesiale nazionale.
“L’incontro con Cristo è l’evento centrale della vita di Paolo e, con la sua, della vita dell’uomo e dell’umanità. Incontrare il Signore non può non cambiare la vita – ha detto il presule -, non può non trasformare l’uomo, perché non si tratta di un insieme di nozioni, ma dell’incontro con una persona viva, Cristo, capace – come è stato nel caso di Paolo – di conquistare, afferrare, sedurre. Così Paolo può lasciare tutto il resto … per guadagnare Cristo.
L’incontro con il Signore gli ha cambiato la vita, non solo una nuova vita, ma una vita nuova: per lui vivere è Cristo e ciò che pensa, dice, opera è per Cristo e in Cristo che lo rende creatura nuova.
E questa novità Paolo la esprime non con il termine greco “Neos”, cioè nuovo ma un nuovo che non è una novità veramente tale, come noi diciamo a proposito del neogotico o del neoclassico. Paolo usa l’aggettivo kainos, ovvero una vera novità, unica nel suo genere: siamo creati, ri-creati … come nuove sono state le cose al momento della creazione. La rigenerazione che avviene in Gesù – ha detto l’oratore – è come una nuova creazione. E una volta ricreati, diventiamo liberi dalla schiavitù, dal male, da qualsiasi condanna, dalla morte. Siamo benedetti con ogni benedizione spirituale.
Ecco, Paolo ha incontrato Cristo e tutto si trasforma: la persona e tutto ciò che è importante. E si diventa creatura nuova non in qualcosa di speciale, ma nella quotidianità della vita: dal mattino al risveglio, fino all’ora del riposo dobbiamo sentirci rinnovati e in misura straordinaria, centuplicata.
È questa novità che ci rende capaci di amare, non solo chi ci è vicino, ma anche i nemici.
Come è possibile? Grazie alla presenza di Cristo, alla sua umanità, alla sua grazia.
Condividere l’emozione, lo stupore, l’emozione di Paolo sarebbe utile e d’aiuto alla nostra fede, ma anche alla nostra politica, al nostro Paese.
La nostra umanità illuminata da Cristo ritrovi il suo roveto ardente nel nostro essere figli e fratelli in Cristo Gesù, nella nostra buona umanità in Cristo che ci chiama a testimoniare la nostra umanità”. [01]
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