31 gennaio 2019
Sea Wacth
“LA SOLIDARIETÀ VISSUTA IN QUESTE ORE PER LA SEA WATCH SIA NOSTRO STILE QUOTIDIANO”
È “per ritrovare la nostra umanità” e vivere un “momento di condivisione fuori dal clamore mediatico che la vicenda dei 47 migranti sulla Sea Watch sta avendo” che ieri sera, nella Cattedrale di Siracusa, si sono ritrovati quanti, in questi giorni, hanno chiesto di poter accogliere i migranti bloccati al largo della città. La chiesa era gremita di fedeli, che, insieme con l’arcivescovo mons. Salvatore Pappalardo e l’emerito mons. Giuseppe Costanzo, hanno voluto affiancare movimenti ed associazioni ecclesiali e civili che, in tutto il tempo in cui la nave Sea Watch con i suoi 47 migranti bloccati in mare per 12 giorni, è rimasta dinanzi al porto cittadino, hanno manifestato il desiderio e l’intenzione concreta di accogliere i naufraghi.
“L’altro, il diverso, fa paura. Eppure siamo tutti imbarcati. Tutti sulla stessa barca. E basta che ci sia solo uno che faccia naufragio perché nessuno di noi possa gioire di trovarsi sulla terra ferma. Se uno solo fa naufragio, alla deriva siamo tutti noi”. Così don Luca Saraceno, parroco e docente di Filosofia presso lo Studio teologico San Paolo di Catania. È stato lui a guidare la riflessione nel corso della veglia voluta dall’arcidiocesi di Siracusa. Ha descritto la vita dell’uomo come essere che – fin dal concepimento nel grembo della madre, dal “naufragio” della nascita, all’entrare a far parte di una famiglia, di questa nostra terra, di una comunità di credenti e di una città – sperimenta il suo essere straniero e, soprattutto e a volte inconsapevolmente, il suo essere accolto. “Il forestiero sono io, sei tu, siamo noi, che continuamente veniamo ospitati. Stranieri a noi stessi, esistenzialmente – ha detto -, facciamocene una ragione”.
Non solo Siracusa. Già lo scorso dicembre i vescovi delle diciotto diocesi della Sicilia aveva diffuso un documento dal titolo “Natale sarà vero solo nell’accoglienza”. Così ha scritto la Conferenza episcopale siciliana: “L’amore per i poveri è una via obbligata per la testimonianza cristiana: per tutti e, dunque, anche per i nuovi poveri che giungono, migrando, sulle nostre coste siciliane. Natale sarà vero solo nell’accoglienza”. E aggiungevano: “L’accoglienza dei poveri, delle persone sole e dei migranti sarà il nostro presepe vivente 2018. Sarà un atto di fede in Dio e un presepe di carità. Sarà la speranza che il mondo può vincere paure e rancori”.
Intanto, negli scorsi giorni, mentre la Sea watch si trovava alla fonda a Siracusa, mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto e delegato della Conferenza episcopale siciliana per le Migrazioni, aveva lanciato “un appello alla politica” perché “resti umana”. In una intervista rilasciata all’agenzia stampa Adnkronos ha detto: “Il braccio di ferro dell’Italia con l’Europa non può consumarsi sulla pelle della povera gente. Ricordiamoci sempre che siamo davanti a esseri umani, non numeri. Facciamoli scendere, accogliamoli e poi diamo battaglia nelle sedi opportune perché l’Europa si assuma le proprie responsabilità nel governo del fenomeno migratorio”.
Rispondendo alle domande della giornalista Rossana Lo Castro, mons. Staglianò ha chiesto all’Italia di essere “esempio e testimone autorevole” di accoglienza perché questo può darle “forza nel chiedere e nell’esigere” un impegno della Comunità europea. Il presule, partendo dal caso della Sea Watch 3, aveva sollecitato: “Non si può chiedere umanità senza darne in prima battuta testimonianza: l’Italia deve umanizzare l’Europa dando a sua volta testimonianza di umanità” perché “l’Europa diventi soggetto responsabile”.
Quella del presule non vuole essere – lo ribadisce lui stesso – una posizione politica: si tratta di vivere la fede. “Da qualche tempo assistiamo a un tentativo, quello di zittire i vescovi. Ci accusano – ha continuato mons. Staglianò – di fare politica e di essere di sinistra. Niente di più sbagliato. Noi predichiamo il Vangelo e la nostra è una posizione ecclesiale, evangelica e culturale. I migranti sono nostri fratelli. Invito tutti a una riflessione: se su quella nave ci fosse un fratello, un familiare, non faremmo di tutto per farlo scendere?”. Quello che il vescovo delegato per le migrazioni chiede, facendo eco a quanto già affermato con chiarezza dalla Conferenza episcopale siciliana, è una “accoglienza nella legalità e per l’integrazione. Non vogliamo essere immaginati – ha detto – né come carcerieri né come complici dei clandestini. La Chiesa è madre e accoglie tutti i suoi figli”. E ancora: “Come vescovo non posso non ricordare le parole di Papa Francesco, per il Vangelo l’accoglienza è la via obbligata del cristiano. Di fronte al disagio, alla sofferenza e al dolore non possiamo che tendere la mano e mostrare disponibilità a sanare le ferite”.
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