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VOCAZIONI: “SIAMO TUTTI INTERPELLATI”

“Quando parliamo di vocazioni, siamo tutti interpellati: c’è una chiamata che tutti riceviamo, magari con un contenuto differente, e c’è una risposta che dobbiamo dare. Imparare a sentire la prima e aiutare a vivere la seconda è qualcosa che possiamo imparare e insieme insegnarla. Certo, pensiamo in primo luogo ai giovani, ma non solo, perché la vocazione è non solo una scelta, ma soprattutto un cammino. E’ lì il segreto della felicità, della pienezza della vita che è qualcosa in più del soddisfare ambizioni o sogni, perché si fonda sulla presenza di Cristo”. Così don Dino Lanza, direttore del Centro regionale per le Vocazioni, introducendo un doppio momento di confronto e di condivisione di scelte e speranze riguardanti la Pastorale vocazionale vissuto a Catania venerdì 16 e sabato 17 marzo 2018 con i rappresentanti regionali degli Uffici regionali per i Giovani e la Famiglia e i rappresentanti di Cism, Usmi e Ciis della Vita consacrata siciliana e con i direttori diocesani dei Cdv e i responsabili consacrati delle vocazioni. Accanto a loro, insieme con mons. Gugliemo Giombanco, vescovo delegato per le Vocazioni e i Seminari della Conferenza episcopale siciliana, anche don Michele Gianola, direttore nazionale dell’Ufficio per la Pastorale delle Vocazioni della CEI. “La Pastorale vocazionale è una realtà trasversale a tutti gli altri ambiti, una realtà che tocca e interessa la Chiesa intera, per questo – ha aggiunto don Dino – occorre predisporre un lavoro in sinergia e con stile sinodale che orienti i nostri sforzi comuni verso l’unità e la bellezza dell’unica Chiesa”.
“Questo nostro incontro esprime la ricchezza del Chiesa – ha detto mons. Gugliemo Giombanco, vescovo di Patti e delegato Cesi per le Vocazioni -, perché dalla conoscenza reciproca e dal confronto possono nascere nuove idee per esprime la nostra appartenenza, la nostra fede e i nostri carismi, e, appunto, comprendere ed aiutare a comprendere appieno la vocazione di ciascuno. E non  mi riferisco solo alla vocazione alla vita sacerdotale o consacrata, ma anche alla laicità, vissuta da soli o in famiglia. Tutti abbiamo una chiamata iniziale, che è quella alla vita, alla vita come dono. Questa, incontrando poi una scelta vocazionale, da vita come dono può diventare dono della vita, rispondendo alla chiamata. Oggi – ha aggiunto il vescovo – c’è la tentazione, specialmente giovanile, di fare la scelta peggiore: non scegliere affatto. Ogni ambito pastorale deve esser supporto per un discernimento. Per farlo è importante individuare i luoghi fisici e ambienti esistenziali in cui la vocazione può nascere. E non sono sempre così scontati: ci sono ambiti nuovi e insieme dobbiamo individuarli, animarli, viverli”.
Famiglia e vocazione sono legati perché proprio in famiglia nascono le vocazioni, ma non solo per questo. Se per il direttore del Centro per le Vocazioni “ad un giovane che sceglie il seminario o la vita consacrata non si può garantire una crescita totale senza la collaborazione della famiglia”, per i direttori dell’Ufficio regionale per la Famiglia, Rosmari e Vito Di Leo, “anche chi sceglie la strada della famiglia ha bisogno di capire che la scelta viene dall’alto”. Sono stati loro a presentare la proposta di “rivolgersi ai genitori dei ragazzi che devono completare l’iniziazione cristiana per un piccolo percorso sulla vocazione che venga distribuito nel corso degli anni”.
Nella mattina di sabato 17 marzo, l’incontro con i direttori diocesani dei Cdv e i responsabili vocazionali di vita consacrata, per concretizzare in piccolo anche questa collaborazione e renderla fruibile ed attraente. La riflessione sulle prospettive, tra urgenze e fecondità.
Ciascun rappresentante della vita consacrata regionale ha presentato non solo gli istituti, la storia, i carismi. Al centro dell’incontro, infatti, le speranze e le difficoltà che, nelle diciotto diocesi di Sicilia, vivono quanti lavorano nel campo vocazionale.
Sottolineando “l’esigenza di tessere legami”, don Michele Gianola ha con tutti i presenti sottolineato che “anche nel discernimento, la fatica a volte riguarda pure il riconoscere la diversità dei carismi e la ricchezza della Chiesa. Occorre aiutarci a condividere, ma anche a far crescere l’immagine di Chiesa come comunione. Non siamo insiemi separati che entrano in contatto per alcuni punti e in alcuni momenti – ha detto -, ma siamo un unico corpo fatto da singoli mattoncini che sono le diverse vocazioni. Queste si intersecano le une con le altre, legandosi pur mantenendo la loro unicità. Come nell’immagine visiva del dna”. Di don Gianola la sollecitazione forte sull’idea di vocazione. “Quando usiamo questa parola, ‘vocazione’, con i giovani, è come nominare una malattia: la prima risposta è ‘metti che mi viene!’. Mi chiedo come mai si sia arrivati a questo. Il Sinodo – ha aggiunto don Michele – ci aiuterà  riflettere su noi stessi, sull’idea che è passata. Forse di una vita faticosa o talmente strana o differente che bisogna provare ad evitarla? Che immagine c’è dietro la vocazione? Insieme a idee e proposte, occorre ricercare il bello che la parola nasconde. E bisogna anche liberare il concetto di vocazione dal legame assoluto ed esaustivo con la scelta: va estesa lungo tutto l’arco della vita. Lo sappiamo, ma chi abbiamo davanti agli occhi quando parliamo di vocazione? Ci vengono in mente solo i giovani? Le vocazioni al loro sorgere? Se pensiamo alle famiglie che accompagnano i giovani in seminario, allora possiamo capire quanto è importante parlare di vocazione anche lì. Ecco l’importanza di lavorare, dunque, in relazione agli altri uffici, alle altre attenzioni”. [01]
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