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“UNA NUOVA PAGINA SULL’ACCOGLIENZA DELLE FAMIGLIE IMMIGRATE IN ITALIA”

Sono stati don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, e don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della famiglia della Cei, a concludere il convegno dal titolo “Dov’è tuo fratello? Famiglia e immigrazione”, che si è svolto a Campofelice di Roccella, Cefalù, dal 31 maggio al 2 giugno 2015. Sono intervenuti sul tema “Una nuova pagina sull’accoglienza delle famiglie immigrate in Italia”.

 Dopo uno speciale saluto a mons. Pietro Maria Fragnelli, neo presidente della Commissione episcopale per la Famiglia, i giovani e la vita della Conferenza Episcopale Italiana, sono stati don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana, e don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della famiglia della Cei, a concludere il convegno dal titolo “Dov’è tuo fratello? Famiglia e immigrazione”, che si è svolto a Campofelice di Roccella, Cefalù, dal 31 maggio al 2 giugno 2015.

Sono intervenuti sul tema “Una nuova pagina sull’accoglienza delle famiglie immigrate in Italia”.

Per Soddu, che ha voluto offrire “più che una conclusione, solo una riflessione”, “ciascuno dei partecipanti ai lavori, con la vostra presenza, siete una testimonianza di quanto la Chiesa e la famiglia fa e vuole essere seguendo la Parola di Dio. Oggi rischiamo di ripagare gli immigrati che arrivano – ha detto – con la stessa amara moneta con la quale noi stessi siamo stati accolti anni fa altrove: resistenza, diffidenza, porte chiuse e umiliazione”. Per questo, il direttore di Caritas italiana ha evidenziato la necessità di una “politica cooperativa e globale, non solo per la gestione delle frontiere, ma anche in merito a questioni più generali e sostanziali, come una maggior solidarietà degli Stati membri”. Don Francesco Soddu ha parlato di “macrostrategie, che devono essere calate nel micro, perché nessuno di noi può disinteressarsi. Ed è qui – ha detto – a crocevia di questi due livelli che si colloca la famiglia. La famiglia è, infatti, luogo in cui si diffonde la cultura e si vivono le prassi quotidiane, si pone come base dell’educazione alla cittadinanza che nasce dal basso come responsabilità comune, come risposta all’interrogativo tutt’oggi  aperto che parte dalla Bibbia e raggiunge Lampedusa: dov’è tuo fratello?”. Il direttore della Caritas ha chiesto, dunque, “attenzione alla dimensione familiare delle migrazioni” e di “puntare su di essa perché sia fonte e motore di speranza”.
Ha parlato di progetti pilota della Caritas, quale “Rifugiato a casa mia”: una forma di accoglienza diffusa che ha coinvolto da un lato rifugiati e richiedenti protezione internazionale e, dall’altro, le famiglie che hanno sperimentato l’accoglienza in prima persona. “Un approccio innovativo che ha previsto il coinvolgimento della comunità cristiana. Dalla famiglia ha preso sviluppo il processo di inclusione e di raggiungimento dell’emancipazione dal bisogno”.
“Occorre rispondere al rischio della globalizzazione dell’indifferenza con la globalizzazione dell’accoglienza”. È stato l’appello di don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio per la Pastorale della famiglia della Cei. “Gli atteggiamenti del samaritano incarnano questa nuova sensibilità pastorale che ci è chiesta: passa lì per caso, o così sembra, ma tutto si trasforma in opportunità. Il tempo che  scorre si trasforma in tempo della salvezza e tempo di grazia. Esattamente come quello che stiamo vivendo noi. Il samaritano ferma il suo tempo e gliene fa dono. Perché senza il senso profondo della Parola, la legge rimane sterile. Non siamo uomini dei precetti, ma uomini della carità. Il samaritano scende da cavallo, perché dall’alto non si aiuta nessuno, e scende ancora più in basso per sollevarlo, e lo consegna alla locanda, alla Chiesa. Scendiamo anche noi – ha detto con forza don Gentili -, lo chiediamo anche ai potenti della terra!”.
Il direttore dell’Ufficio per la famiglia ha poi ripercorso il cammino del convegno, a partire dall’intervento del card. Paolo Romeo, presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, che ha ricordato che al fratello nel bisogno non si chiede la nazionalità, ma si offre aiuto e accoglienza.
“Dov’è tuo fratello? Ma anche: dove sei? Con chi stai? Stai con la tua paura? È una cattiva consigliera! La via è quella di Giona, indicata da don Natale Ioculano: la via è convertirsi, convertire il cuore per convertire la nostra famiglia, la Chiesa, le nostre città, l’Italia, l’Europa intera. Il cambiamento – ha detto – passa dal nostro cuore”.
A chiudere il canto corale dell’inno di Mameli, “nel giorno della Festa della Repubblica .- ha chiuso don Gentili – vogliamo una patria come le nostre famiglie: aperta, attenta, accogliente”. [01]
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