Pubblicato il

“PER ARRIVARE NELL’ALTO DEL CUORE DI DIO? ANDARE VERSO IL BASSO!”

Vocazione è dono di sé, ma per entrambe le cose può esserci un punto di vista non solo teologico, ma anche pastorale e psicologico. È così che è stato affrontato il tema “Vocazione e dono di sé” dal teologo e psicoterapeuta don Nello Dell’Agli nel corso del 3° Percorso per animatori vocazionali (Caltanissetta, 27 – 29 agosto 2015). La riflessione proposta ha tratto origine da un’icona, quella di “Dio che scende verso il basso, sempre più in basso, per aiutarci a donarci e a farlo tutti – laici e consacrati – nello stile della sponsalità e della genitorialità”.

Vocazione è dono di sé, ma per entrambe le cose può esserci un punto di vista non solo teologico, ma anche pastorale e psicologico. È così che è stato affrontato il tema “Vocazione e dono di sé” dal teologo e psicoterapeuta don Nello Dell’Agli nel corso del 3° Percorso per animatori vocazionali (Caltanissetta, 27 – 29 agosto 2015). La riflessione proposta ha tratto origine da un’icona, quella di “Dio che scende verso il basso, sempre più in basso, per aiutarci a donarci e a farlo tutti – laici e consacrati – nello stile della sponsalità e della genitorialità”.
“Per crearci, guarirci e salvarci Dio ha fatto tre voti: povertà, obbedienza e castità – ha detto Dall’Agli – sono tre movimenti, per lo più verso il basso. Il movimento di povertà Dio ce lo rivela già nell’incarnazione. Questa è la povertà: occorre a fare spazio ed imparare a stare in relazione, di fronte, cercare di aiutarci e stare anche un po’ contro. Così siamo noi nei confronti di Dio e anche degli uomini. C’è una conflittualità innata che non possiamo annullare, ma che dobbiamo imparare a gestire. Perché sorga l’amore – ha aggiunto – occorre innanzitutto riconoscere che esiste un altro”.
Ed ecco il secondo movimento. “Obbedienza è certamente obbedienza a Dio, ma il primo che si è chiamato ad obbedire è Dio stesso, un Dio che si fa servo, si mette ai piedi. Ai piedi anche della nostra crescita. Obbedienza allora – ha spiegato don Nello – non è una concezione solo militaresca: è stare di fronte, ma anche prendersi cura. È una cosa terribile nella sua bellezza e nella sua difficoltà! Dio fa saltare la piramide, si mette in basso e crea con l’uomo un cerchio fraterno”.
Il terzo movimento è la castità, che “altro non è che il farsi puro”. “Sono inevitabili la conflittualità e la lotta, perché ci sono soggettività diverse. Dio – ha detto Dell’Agli – attraversa tutto questo senza tirarsi indietro. Dove ci sono divisioni noi abbiamo paura e ci fermiamo. Siamo uno, nessuno e centomila, siamo tante polarità. E abbiamo paura. Forse anche Dio ne ha… ma non si blocca e va fino in fondo. La castità è allora fedeltà e impegno, è lo sforzo per andare fino in fondo come Dio che si contrae, si prende cura e non si tira indietro”.
Nella relazione di Dell’Agli è stato più volte evidenziato che “tutti, ma proprio tutti, siamo chiamati a diventare sposi e genitori, a pensare nunzialmente. Devono diventate sposi – è stato l’invito -, anche i consacrati. Devono fare spazio alla diversità: donne e uomo anzitutto, ma poi cultura, razze, religioni, idee. Ci innamoriamo, impazziamo e facciamo spazio. Amore è fare spazio. Ma occorre amare dal basso: io ti amo a partire dalla stima che ho per te, perché sei più in alto, perché così io ti vedo”.
Sposi, dunque, ma anche genitori. Ancora una volta l’invito è rivolto non solo ai laici, ma – forse anche di più – a sacerdoti e consacrati. “Farsi genitori, è imparare l’obbedienza: se un bimbo piange, tu ti alzi e vai. Obbedisci. Non sono i figli ad obbedire … loro magari cercano di ricambiare. E come un genitore non si può appoggiare emotivamente sui figli, ma deve solo lasciar crescere, lo stesso deve fare il parroco con i parrocchiani”.
Per lo psicoterapeuta di Ragusa “ci sono diversi intoppi verso il dono di se stessi. Innanzitutto la dipendenza depressiva. Quante volte – ha detto – è come se gridassimo: ‘Non mi date quello che io voglio, non vi accorgete del mio malessere; e allora io devo tenere il broncio per convincervi a prenderti cura di me come io voglio’? È come se urlassimo ‘Accorgetevi di me!’, per piegare gli altri alla nostra volontà. Ma nessuno si piega. Rassegnatevi! E diventa un braccio di ferro: facciamo le vittime, mentre possiamo solo camminare insieme”. Un altro intoppo è l’ambivalenza aggressiva. “Continuo a gridare contro la vita che non ma ha dato quello che volevo, ed è una lotta continua per avere quello che voglio. Il rischio è la violenza e la rabbia, che sono il contrario di povertà e obbedienza: non vedo l’altro se non in funzione di me stesso”. Terzo intoppo è l’evitamento narcisista. “Non mi affido a nessuno fino in fondo – spiega Dell’Agli – perché non mi voglio lasciare raggiungere e ferire dagli altri. Allora ci si separa, ed è in qualche modo giusto, ma solo se si va al di là. È come se pensassimo che l’altro è sbagliato, cattivo, infedele … e se gli faccio spazio devo riconoscere che anche io sono così e questo mi fa impazzire. L’evitamento è proprio un ‘evitare’ di consegnarsi fino in fondo in un rapporto dal basso. Ma il prossimo è una parte di noi stessi e se faccio una crociata contro di lui è perché dentro sono io ad essere diviso. E mi creo uno spazio di potere e di autoincensamento, di autoreferenzialità”.
Intoppi, dunque, al dono di sé, ma anche rimedi. Quasi farmaci. Ancora una volta almeno tre: il lavorare su di noi, sul nostro sguardo, sulla nostra conflittualità interna. Dell’Agli parte dalle Fonti francescane e le rilegge dal punto di vista psicologico. E invita alla riflessione: “Spesso non sono i confratelli, non sono i parrocchiani, non sono marito, moglie e figli che ci fanno impazzire, ma le pretese che noi abbiamo su loro. Liberiamo la mente dalle rivendicazioni, dalle nostre richieste, dalle nostre ambizioni sugli altri – ha detto – e rispondiamo alle richieste di Dio. Dobbiamo farci poveri, ricordando che il male sta nel nostro pretendere: sarei meraviglioso se tutti fossero diversi? No: guarda l’altro con occhi affettuosi, qualsiasi cosa abbia fatto e qualsiasi cosa continuerà a fare. E se si litiga, se l’latro ci attacca … gioiamone, perché vuol dire che l’altro ancora ci vuole raggiungere”. [01]
ULTIME NEWS