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PAV 2016. “LA VOCAZIONE TRA PROFEZIA E MARTIRIO”

L’ultima relazione proposta dal Centro regionale per le Vocazioni nell’ambito del 4° Percorso per animatori vocazioni su “Vocazioni e santità: io sono una missione” (Agrigento 25 – 27 agosto 2016) è stata affidata a Cettina Militello, della Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Il tema sviluppato è stato “La vocazione tra profezia e martirio”.

L’ultima relazione proposta dal Centro regionale per le Vocazioni nell’ambito del 4° Percorso per animatori vocazioni su “Vocazioni e santità: io sono una missione” (Agrigento 25 – 27 agosto 2016) è stata affidata a Cettina Militello, della Pontificia Facoltà Teologica Marianum. Il tema sviluppato è stato “La vocazione tra profezia e martirio”.
Introducendo il tema, la docente ha voluto innanzitutto parlare di vocazione ma non soffermandosi sull’ottica del “lasciare tutto”, anzi puntando tutto sul valore della chiamata. “Occorre prendere coscienza che non è un problema mai personale ma comunitario. La vocazione si sviluppa in un contesto ecclesiale – ha detto – che si estende dal popolo, per il popolo, con il popolo. Nessuna scelta può avvenire senza gli altri e senza la comunità. A questa spetta discernere i suoi bisogni e, in virtù di quelli, invitare i soggetti che la compongono a dare risposta a questi bisogni. Non ci si gioca la vocazione su un piano individuale o individualistico – ha aggiunto Militello -, ma sulla corrispondenza tra dono e servizio, partendo dal capire ciò che siamo e quale apporto possiamo dare al corpo di Cristo”.
Il martirio è stato accostato alla testimonianza, mentre, parlando di profezia, la professoressa Cettina Militello ha invitato i partecipanti al PAV 2016 ad “accettare che lo Spirito scombini le carte” e “non temere la profezia, quando questa significa farsi portavoce del disegno di Dio non solo con le parole, ma anche con fatti, nella propria carne, con la vita”. La relatrice ha ribadito che la profezia esige la conoscenza della Parola: occorre leggerla, assimilarla, farla entrare a far parte della vita. “Non ci si può fermare alla Parola, all’emozione che suscita in noi – ha aggiunto – ma essere in grado di dire “io credo” anche quando non si sente niente”. [01]
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