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PAV 2016. “AVANTI CON FIDUCIA CORAGGIOSA: NOI SIAMO QUELLI DEL DI PIU’”

“L’uso migliore che possiamo fare della nostra vita è spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa. Per farlo ci vuole fiducia coraggiosa”. Così il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha esortato i partecipanti al 4° Percorso per animatori vocazioni dedicato al giudice Rosario Livatino e che propone il tema “Vocazioni e santità: io sono missione”. Il presule ha presieduto la celebrazione eucaristica che ha concluso il primo giorno dei lavori che si svolgono nella Città dei templi.

“L’uso migliore che possiamo fare della nostra vita è spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa. Per farlo ci vuole fiducia coraggiosa”. Così il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha esortato i partecipanti al 4° Percorso per animatori vocazioni dedicato al giudice Rosario Livatino e che propone il tema “Vocazioni e santità: io sono missione”. Il presule ha presieduto la celebrazione eucaristica che ha concluso il primo giorno dei lavori che si svolgono nella Città dei templi.
Partendo dal Vangelo e dalle “preoccupazioni di Paolo per le tensioni e le rivalità”, il card. Montenegro ha parlato di una “comunità comunque viva e arricchita dai doni dello Spirito, doni – ha detto – in perenne pieno sviluppo”.
“Il senso della nostra vita è essere sempre pronti davanti a Dio. I discepoli sono svagati, preoccupati dal sedersi alla destra o alla sinistra, distratti dalle cose del mondo. ‘Vegliate perché non sapete’, dice il Signore, ma lui sa che morirà. Non è il messia del trionfo e della potenza, ma del servizio, della solidarietà e dell’umiliazione della morte. Allora occorre vegliare, ma dando senso all’attesa. Non sedetevi – ha esortato mons. Franco Montenegro -, non abbiate paura di giocarvi la vita, ma buttatevi dentro perché, a continuare a difendere le nostre sicurezze, finisce che viviamo la vita come un calcolo che si conclude in pareggio. Ci vuole una fiducia coraggiosa che ci salvi dal rischio di usare le nostre ali non come l’aquila che punta al sole, ma come galline che non si alzano per non perdere il contatto come il seme che dovranno mangiare”. E per il cardinale coraggio vuol dire “aprirsi ogni giorno ai bisogni dei fratelli e farlo seriamente, non offrendo un semplice contributo, ma giocandoci la vita”.
Parlando a quanti, a vario titolo, nelle diocesi di tutta la Sicilia, si occupano di vocazione, il pastore della Chiesa agrigentina ha sottolineato che “la vocazione è una continua scelta che ci costringe ad esporci ad ogni rischio, anche quello di essere servi inutili. Spesso – ha proseguito – vogliamo nicchie per nasconderci e all’interno delle quali poterci sentire al sicuro, ma non va bene. Dobbiamo seguire l’esempio di Maria, del suo ‘eccomi’, che non è stato un dire ‘d’accordo, ci sto, visto che mi hai scelta…’, ma un decidere con coscienza di essere protagonista nella storia del Signore. E cantare con lei il Magnificat non vuol dire solo dar lode a Dio, ma sapere che inizia una rivoluzione all’interno della quale noi, come Lei, dobbiamo stare”. E alla fine una sorta di ricetta per una vita buona: “Poesia, pazzia e coraggio – ha detto il card. Montenegro – per vincere la paura e la banalità di rinviare a domani. E pure la capacità di coniugare il verbo ‘io posso’, ma senza accontentarci di ciò che è possibile perché non siamo quelli che si accontentano – ha concluso – ma quelli del di più”. [01] 
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