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OGGI E’ UN GIORNO DI PIANTO

“Il nostro Mediterraneo continua ad accogliere grida di dolore e lacrime di morte dopo l’ultima tragedia che ci lascia una sola parola, quella di Papa Francesco: Vergogna. E la vergogna sul volto - si legge in una nota stampa dell'Ufficio Regionale per le Migrazioni della Cesi - non deve risparmiare nessuno a motivo dell’insensibilità che a tutti i livelli si continua a dimostrare verso uomini, donne e bambini che, mossi da un anelito di dignità e di libertà, continuano ad affrontare il rischio di una morte crudele come quella consumatasi nelle acque di Lampedusa proprio ieri in una catastrofe di proporzioni inaudite".

 

Una lunga fila di sacchi verdi, allineati sulla banchina. È l’istantanea, tragica, dell’ultima strage del mare che il 3 ottobre si è consumata appena a largo di Lampedusa. I sopravvissuti sono 151, ma sul barcone erano in 500. Un naufragio causato da un incendio a bordo. L’allarme è stato dato da due pescherecci che transitavano nella zona. Secondo i carabinieri i migranti per farsi notare dagli isolani hanno dato fuoco a una coperta e questa potrebbe essere stata la causa dell’incendio che si è sviluppato a bordo. “Una tragedia immane” l’ha definita il sindaco di Lampedusa Giusy Nicolini. A confermarlo anche il medico responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa Pietro Bartolo: “Dal punto di vista dei numeri delle vittime è una tragedia senza precedenti. In tanti anni di lavoro qui non ho mai visto nulla di simile”. Sulla banchina del porto si trovano, oltre ai soccorritori, molte ambulanze con medici rianimatori ma, aggiunge Bartolo, “abbiamo bisogno di carri funebri”. Intanto prosegue l’opera di soccorso e di ricerca dei dispersi da parte delle motovedette della Guardia Costiera. I soccorsi vengono seguiti dalla sala dei Vigili del Fuoco del Viminale dal ministro degli Interni, Angelino Alfano, che a breve dovrebbe partire per Lampedusa. Parallelamente la Polizia sta interrogando alcuni dei superstiti del naufragio nell’ambito delle indagini avviate per identificare e arrestare gli scafisti del barcone.

 

Le parole del Papa. La tragedia a largo di Lampedusa ha fatto gridare a Papa Francesco un forte “È una vergogna, è una vergogna!”, parole dette ‘a braccio’, e risuonate durante l’udienza in Vaticano ai convegnisti per il 50° anniversario dell’enciclica “Pacem in terris”. “Parlando di pace, della disumana crisi economica mondiale, sintomo di una grave mancanza di rispetto dell’uomo – ha detto il Papa – non posso non ricordare con grande dolore le ennesime vittime del grande naufragio al largo di Lampedusa. È una vergogna, è una vergogna!”. “Uniamo le nostre forze perché non si ripetano più simili tragedie. Solo la decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenire tali tragedie”, ha aggiunto il Pontefice che poco prima aveva affidato a Twitter il suo invito a “pregare Dio per le vittime del tragico naufragio”.

 

Tristezza ed indignazione sono state espresse al Sir da mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le Migrazioni (Cemi). “Una notizia che fa sorgere sentimenti di tristezza e indignazione perché non possiamo continuare a contare morti come se fossimo semplicemente testimoni”. “Le storie di persone che si mettono in viaggio, come ha detto il Papa a Lampedusa – ha aggiunto mons. Montenegro -, sono storie che si intrecciano con le nostre e quindi ci interessano. Papa Francesco ci ha interrogato se questi morti ci causano lacrime. Ecco perché non possiamo solo tenere una contabilità o rassegnarci passivamente”.

 

L’Ue deve intervenire. Lo chiede mons. Domenco Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallodelegato per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Siciliana, che con un tweet ha espresso il proprio cordoglio per la morte degli immigrati a Lampedusa. “L’UE e l’Italia si impegni per seria politica d’accoglienza. Quest’ennesima tragedia addolora me e tutta la mia Chiesa che è in Mazara del Vallo – prosegue mons. Mogavero – ma, ritengo, riaccende i riflettori su una questione prioritaria: l’Unione Europea deve intervenire, così come il governo italiano, affinché i flussi migratori non siano affidati ai singoli territori, come Lampedusa o la Sicilia stessa. Se qualcuno pensa di trovarsi di fronte a emergenze limitate nel tempo che spera di scongiurare in breve, si sbaglia. Ci troviamo di fronte a un fenomeno più complesso che durerà negli anni, legato all’intrinseca condizione dell’uomo. È normale che ciascuno voglia migliorare se stesso, occupando gli spazi più liberi”.

 

“Una mattanza che deve essere fermata, non so come, ma non è possibile che questi fratelli e sorelle in umanità, muoiano in questo modo”. A parlare è don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, che commenta così la tragedia di Lampedusa dove un barcone con a bordo almeno 500 persone tra uomini, donne e bambini è naufragato. Appena appresa la notizia don Stefano si è recato sulla panchina del molo Favarolo, lo stesso luogo in cui lo scorso 8 luglio Papa Francesco sbarcò dopo avere deposto una corona di fiori e pregato per le tante vittime del mare Mediterraneo trasformatosi ormai da anni in un cimitero liquido. Tra i cadaveri anche i corpi di bambini. “Non ho avuto il coraggio – prosegue don Stefano – di accostarmi ad essi. È la più grande tragedia del mare che i lampedusani ricordino a memoria d’uomo. Ma adesso è necessario che questa mattanza venga fermata e subito!”. “È uno dei momenti più tragici della storia delle migrazioni degli ultimi anni”, conferma il direttore della Caritas della diocesi di Agrigento, Valerio Landri. “È paradossale – afferma Landri – che ci siano voluti i morti per ricominciare a parlare dell’argomento ed è triste che si sentano anche delle considerazioni da parte di alcuni esponenti politici che indicano nella presidente Boldrini e nel ministro Kyenge i responsabili morali di questa tragedia. Si continua a fare politica sulla pelle della gente. È un momento di grande sofferenza – prosegue Landri – in cui ogni parola è superflua, questo è il momento di fermarsi e riflettere su una legge che va rivista. Ci auguriamo che questo ulteriore versamento di sangue possa essere l’occasione propizia per lanciare diversamente un nuovo sistema di politiche dell’accoglienza”. Intanto per volere dell’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, che nella Conferenza Episcopale Siciliana è Vescovo delegato per la Carità e la Salute, il 7 e l’8 ottobre avrà luogo proprio a Lampedusa l’incontro della delegazione regionale delle Caritas diocesane per una riflessione sui temi dell’immigrazione e per “pensare a un sistema di accoglienza unitario integrato, capace di intervenire nelle emergenze degli sbarchi come nella quotidianità dei flussi migratori”.

 

“Chiediamo azioni immediate e concrete perché non venga più commesso a danni di innocenti e disperati il peccato gravissimo dell’omertà e dell‘indifferenza”: reagisce così l’Azione cattolica italiana davanti all’ennesima tragedia del mare, avvenuta stamattina a Lampedusa. “La comunità europea ed internazionale – scrive la presidenza nazionale di Ac in una nota – non può più ignorare lo stillicidio di sofferenze e lutti di un’umanità dolente che scommette la propria vita inseguendo il sogno di una dignità negata, in fuga da luoghi in cui povertà e guerre sono l’insopportabile normalità”. Dall’Ac giunge la richiesta di agire subito “oltre l’emergenza, innanzitutto sostenendo i Paesi da cui i migranti partono e quelli attraverso cui transitano, per evitare il perpetuarsi di viaggi come quelli che si concludono tragicamente nel Canale di Sicilia. La comunità europea ed internazionale ha oggi il dovere di supplire alla precarietà e alla fragilità di quei Paesi accompagnando il viaggio di chi fugge e proteggendoli da abusi e violazioni di diritti”. “Pur nella crisi economica che attanaglia l’Europa e l’Italia in particolare – si legge nella nota – non possiamo temere l’arrivo di poche migliaia di persone. Non possiamo fingere che non siamo in grado di gestire la loro presenza o il loro passaggio verso altri luoghi d’Europa”.

 

Le reazioni del mondo politico e istituzionale. “Tragedia immane”, “non umanamente sopportabile”: la politica reagisce così alla notizia del naufragio. Per il presidente del Consiglio Enrico Letta si tratta di una “tragedia immane”, mentre per il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi “bisogna fare tutto il possibile per fermare i trafficanti di morte che sfruttano la speranza dei poveri”. “Dopo anni di disgrazie questo Governo deve impegnarsi con l’Ue per evitare drammatici episodi come quello di oggi con soluzioni urgenti e condivise dai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo”, ha detto il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Massimo Bray, esprimendo allo stesso tempo il suo cordoglio. La presidente della Camera Laura Boldrini ha telefonato al sindaco di Lampedusa, Giusy Nicolini, ringraziandola per l’impegno e l’umanità messa in campo in questa ennesima tragedia.

 

Dopo Scicli. Il naufragio a Lampedusa segue di soli quattro giorni quello di Scicli (Ragusa) dove lunedì mattina sulla spiaggia di Sampieri erano annegati 13 eritrei nelle secche a pochi metri dalla riva dove si era arenato il loro barcone. Per quello sbarco sono stati arrestati 7 scafisti, 5 siriani e due egiziani, accusati di aver frustato i migranti per farli saltare in mare. Nel corso del 2013 (fino a settembre), secondo dati forniti da Save the Children, sono stati 21870 i migranti arrivati via mare a Lampedusa e lungo le coste di Sicilia, Calabria e Puglia, di cui 2710 donne e 4050 minori, per la maggior parte non accompagnati (2914) e originari prevalentemente dalla Siria (1324). [01]

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