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LA SANTA PASQUA 2018 NEL MESSAGGI DEI VESCOVI DI SICILIA

Nelle singole diocesi i vescovi hanno offerto ai fedeli a loro affidati diversi punti di riflessione sulla Santa Pasqua e hanno formulato auguri perché la celebrazione della Risurrezione di Cristo possa essere occasione per un cambiamento che sia personale, comunitario e anche sociale. Ecco una sintesi dei messaggi.

AGRIGENTO. “Buona Pasqua è un augurio di cui tutti abbiamo bisogno”. L’arcivescovo di Agrigento, card. Francesco Montenegro, ha affidato gli auguri di Pasqua a un videomessaggio. “Vorrei davvero che questa Pasqua significhi risurrezione. Mettiamoci in piedi – ha esortato nel messaggio -: quando il Vangelo parla della Pasqua c’è sempre gente che corre. Corrono le donne, corrono i discepoli di ritorno dal sepolcro vuoto. Non rassegniamoci! Chi si rassegna non può far Pasqua – ha proseguito il porporato -: crediamo che il bene è possibile, crediamo nella forza della luce, crediamo che la vita può sempre riprendere”. A conclusione del messaggio, il cardinale riprende un’immagine cara gli agrigentini, quella del mandorlo in fiore che fiorisce anche in inverno. “Sarebbe bello – dice – se potessi regalare un ramo di mandorlo a ciascuno, per ricordare che ognuno di noi è quel fiore profumato che permette di rendere più bello quel pezzettino di mondo in cui abita”.

CALTAGIRONE. “Non esiste una Pasqua ‘uguale’ ad un’altra, perché la Pasqua è come la vita: non si ripete mai, apre ad opportunità sempre nuove. Noi cristiani lo crediamo, anche se la fede ha sempre bisogno di crescere! È un evento ‘eversivo’ sempre nuovo, diverso e sorprendente”. Mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, ha affidato a un videomessaggio i suoi auguri di Pasqua ai fedeli. “L’accadere di cose terribili di ogni genere fanno tremare il cuore e minacciano alla radice le sue attese più intime: guerre, violenze inaudite, iniquità, abusi inenarrabili, prepotenze e corruzione… anche nella Chiesa dei suoi discepoli. Eppure – aggiunge mons. Peri – seppur storicamente collocato duemila anni fa, il Mistero del Risorto si propone instancabilmente come kerigma prepotente di salvezza ‘ieri, oggi e sempre’. E ogni vivente sente di essere in qualche modo contemporaneo di attese nuove e possibili proprio per la forza di quell’incredibile evento”. Per il presule, “se il Signore del tempo e della storia, travolgendo e scavalcando ogni cronologia umana, continua a ‘parlare’ con un linguaggio ‘nuovo”’ di un Vangelo più forte delle mille paure interiori ed esteriori, che sembrano minacciarci con invincibile protervia e attanagliare il cuore, qualcosa vorrà pur dire. Nella pietra ribaltata di quella tomba nella quale qualcuno credeva di avere seppellito per sempre il Signore della vita, c’è scritto col dito di Dio, come sulle tavole del Sinai, un messaggio ridondante di ogni promessa: la luce sfolgorante del Risorto ha scritto la sentenza definitiva contro ogni disperazione, ogni ingiustizia, ogni paura, ogni dolore, ogni nonsenso, proclamandone la sconfitta. Adesso lo sappiamo per certo: per grazia di Dio, tutto diventa possibile”.

CALTANISSETTA. “Noi non risorgeremo mai se non crediamo all’impossibile possibilità di una vita che esplode dentro il nostro cuore. Noi non faremo mai risorgere le nostre città se ci impaluderemo nelle tenebre dello scoraggiamento e della rassegnazione. Dobbiamo credere ai segni di speranza seminati nei solchi della nostra storia, dobbiamo credere ai segni di vita che, pur nei nostri peccati e nella nostra fragile finitudine, sono nascosti dentro di noi. E questa speranza va intonata con la melodia della nostra fede nella sinfonia del nostro amore”. Così mons. Mario Russotto, vescovo di Caltanissetta, nel messaggio di Pasqua che raggiunge i fedeli della sua diocesi attraverso le pagine de “L’Aurora”, il giornale diocesano.
 

“Pasqua è la celebrazione di un perdono che ci viene consegnato come testamento, è apprendimento di una pietà che non cede mai al rancore né alla rivalsa, ma si adagia con lieve carezza su un cuore ritrovato e teneramente consegnato a vita nuova. Pasqua – scrive – è riconciliazione con noi stessi, coraggio di dispiegare il rotolo della pergamena della nostra esistenza perché Dio possa continuare ad incidervi, con l’inchiostro del sangue del suo Figlio, la nostra liberazione. Pasqua è restaurazione del nostro rapporto con Dio, non perché noi siamo capaci di elevarci a Lui, ma perché Dio stesso si è abbassato tanto da elevarci fino a Lui. Con la Pasqua di resurrezione l’uomo è in Dio con Cristo Crocifisso e Risuscitato! Certo, il Risorto conserva, pur nella gloria della Pasqua, i segni della passione. Perché noi tutti possiamo sempre e ancora “fare Pasqua”, celebrando in noi stessi il passaggio dall’oscurità alla luce. Troppe tenebre opprimono il nostro cuore, troppe oscurità impediscono la visione di una novità di vita. Ma è più tragico non credere che sia possibile sperare ancora. Eppure siamo chiamati a crederci, e a crederci fino in fondo!”.

 

 


 
MAZARA DEL VALLO. Occorre “svecchiare e rinnovare la realtà”. “Non c’è niente di nuovo sotto il sole”: “Sono tanti quelli che condividono questa linea di pensiero”, “ritenendo di avere buone ragioni per affermare che tutto è vecchio e non c’è speranza che qualcosa cambi”. Mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, nel suo messaggio pasquale, cita alcuni “degli aspetti dell’esistenza che hanno tutti il carattere del già visto”, come la povertà sempre più grave e diffusa, “gli assassinii di donne innocenti, inermi e indifese” e gli “infanticidi sciagurati anche a opera di genitori infami”, le “stragi del sabato sera che fanno cronaca solo se il numero dei morti è consistente”. E ancora “le guerre con i massacri di civili innocenti; i paradossali naufragi di barconi della morte che affondano in mare le speranze di vita di tanti uomini, donne e bambini che chiedono ad altri simili di poter godere della gioie consentite a tutti i viventi; le droghe assassine che ingrassano i venditori di morte, affossando il benessere e la pace delle famiglie; le ludopatie che sconvolgono la mente e gli stili di vita di persone insospettabili; gli incredibili abusi di minori da parte di pedofili incoscienti”. Ma, avverte il presule, “con Gesù Cristo l’uomo e il mondo non sono più come prima”. E aggiunge: “Un problema grande rimane comunque aperto. Questa carica esplosiva di novità è stata consegnata e affidata ai credenti perché ne diventassero testimoni e operatori. Il vero interrogativo, allora, non è verificare se c’è qualcosa di nuovo sotto il sole, ma chiedersi perché la luce del Risorto, dopo oltre duemila anni, non è riuscita a farsi spazio nella storia dell’umanità. E la risposta è semplice ma dolente: noi, i risorti, non siamo stati capaci di svecchiare e rinnovare una realtà che chiede insistentemente, ma invano, di essere cambiata profondamente dall’interno”.

MESSINA. “Da soli non andiamo da nessuna parte; da soli creiamo solamente steccati, non comunichiamo, non ci relazioniamo, non generiamo vita, non diventiamo testimoni del Signore che, risorto, ha bisogno, oggi, delle nostre mani e della nostra presenza per riportare e ridare fiducia ai tanti sfiduciati della nostra storia”. Così l’arcivescovo di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, mons. Giovanni Accolla, nel messaggio pasquale alla diocesi. “Questa Pasqua purtroppo è segnata da tante violenze, da tante conflittualità anche a livello internazionale”, rileva mons. Accolla, aggiungendo che “non possiamo vivere la nostra Pasqua senza sottolineare in maniera forte quello che è il significato profondo della solidarietà, osservando le tante sacche di povertà”. “Le sacche di povertà si verificano laddove l’emarginazione domina sulla solidarietà, dove si creano steccati, si interrompono i ponti, dove la comunione è spezzata, l’uomo soffre dentro e addirittura è spezzato e diviso dentro”, osserva l’arcivescovo, invitando “ad avere premura verso l’altro”. Mons. Accolla conclude auspicando che venga avvertito “il bisogno di far rinascere nel cuore di ognuno la gioia di un riscatto, il riscatto di vedere che tutte le preziosità e tutti i doni che ci sono in ognuno sono doni da condividere, non doni di cui appropriarsi per non condividere”.

MONREALE. “I vivi sono chiamati a risorgere prima dei morti” “dalla tomba dell’egoismo e della disperazione”. Per mons. Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, “Di fronte a Gesù Cristo, che si presenta come ‘Risurrezione e Vita’, dobbiamo convincerci che la morte corporale non è la fine di tutto. Gesù ha aperto la porta buia della morte una volta per tutte e da quella porta anche noi possiamo passare senza danno”. L’arcivescovo lo scrive nel suo messaggio alla diocesi per la Pasqua. “Gesù è l’unico che davanti alla morte dell’amico continua a sperare. La risurrezione di Lazzaro non è soltanto ‘segno’ della risurrezione futura, ma è, soprattutto, l’annunzio di un dono che il Signore Gesù già ora fa a chi crede in Lui”, sottolinea il presule. L’arcivescovo nel suo messaggio spiega anche che “possediamo già da ora la vita eterna e siamo in attesa che giunga alla sua pienezza quando ‘vedremo Dio così come egli è”. Mons. Pennisi osserva come “il grido con cui Gesù chiama Lazzaro ‘vieni fuori’ è la voce di colui che già ora chiama i morti spiritualmente a risorgere e vivere”. “Non è solo un invito a ciascuno perché esca dalla tomba del proprio egoismo, torpore, grettezza, disperazione”. Ma – aggiunge – è anche parola efficace che libera realmente e dona di gustare il sapore della vita vera, perché la Vita è Lui”. “A risorgere siamo chiamati i vivi, prima che i morti. Il Risorto ci chiama a svegliarci e rialzarci dalle nostre vite spente e immobili, addormentate e inutili – conclude -. Ci chiama a fare cose che rimangano per sempre”.

NOTO. “Non si può mai smettere di lavorare per la nostra concreta e quotidiana risurrezione. Se Gesù è Risorto, noi dobbiamo risorgere e non c’è altra via se non quella di praticare l’amore, attraverso le opere di misericordia: tutte, spirituali e corporali”. È quanto afferma il vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, nel messaggio di auguri per la Pasqua. “Il Risorto – scrive il vescovo – è l’amore che ci porta via dall’inerzia della morte, specie di quella che ci rende incapaci di reagire rispetto all’ingiustizia, allo svilimento della dignità di tante persone, alla mercificazione dei corpi di altri (non penso tanto alla prostituzione, ma soprattutto al traffico di organi di tanti esseri umani), alla devastazione della bellezza del nostro ambiente e al suo avvelenamento, come anche alla sofferenza di tanti fratelli schiantati sulle croci del loro inconsolabile dolore”. Il vescovo evidenzia l’importanza di vivere il “cattolicesimo cristiano, non certo quella del cattolicesimo convenzionale che, purtroppo, s’impegna a credere nella risurrezione di Cristo, ma stacca l’evento del Risorto dalla conversione della vita”. Si tratta di vivere “un’esistenza che cambia nell’amore, si converte nell’amore”. Per questo, conclude Staglianò, “se Gesù è risorto, mettiamoci ‘a lavoro, a lavoro’ per risorgere”.

PALERMO. “Non c’è nessuno che sia escluso” dal “dono” della Pasqua, “da questa grazia, da questa salvezza; nessuno è escluso dal timore e dalla gioia grande, dall’estasi del sepolcro vuoto; nessuno è escluso dall’incontro con il Signore risorto, purché tema Dio e faccia la giustizia”. Lo sostiene, nel suo messaggio di Pasqua, l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice. Per l’arcivescovo, il fatto che Cristo sia il Signore di tutti “spegne ogni preoccupazione sulla presenza della Chiesa nel mondo, sul come essere presenti da cristiani tra gli uomini. Ogni preoccupazione viene superata, non ha senso, dal momento che è così limpida, sicura, serena, pacifica la certezza degli apostoli, ricevuta dal contatto col Signore risorto, che egli è il Signore di tutti”. E allora perché preoccuparsi? “Ogni volta che noi incominciamo a dubitare delle vie del Verbo di Dio sulla terra, del cammino della parola del Signore tra gli uomini, dei passi dei suoi evangelisti, del cammino della sua Chiesa, ogni volta che noi incominciamo a dubitare di questo – fa notare l’arcivescovo -, ciò accade perché non siamo ancorati a questa serena certezza: Egli, il Crocifisso, quello posto tra i morti, Lui, il Risorto, è già, indipendentemente da ogni nostra azione e da ogni nostro intervento, il Signore di tutti. Agisce già, con assoluta onnipotenza, all’interno dall’azione e dello sviluppo di tutte le vicende degli uomini e di ogni cuore, di ogni creatura che viene in questa terra. È il Signore”. Egli, conclude mons. Lorefice, “feconda di vita e di liberazione, di luce e di pace. Egli è Misericordia che vince il peccato, amore che vince l’odio, risurrezione che vince la morte”.

PIANA DEGLI ALBANESI. “La Risurrezione di Gesù ha cambiato in modo radicale l’atteggiamento dei discepoli. Essi, che nel momento della passione avevano abbandonato Gesù, si ritrovano di nuovo insieme, ricompongono il gruppo dei dodici, esprimono la nuova comprensione di Gesù con inni di lode e di ringraziamento a Dio, sperimentano in se stessi una vita nuova e si sentono impegnati in una missione di testimonianza e di annuncio nello stesso ambiente che prima aveva visto la condanna di Gesù”. Lo sottolinea, nel messaggio di Pasqua, mons. Giorgio Demetrio Gallaro, vescovo dell’eparchia di Piana degli Albanesi.  Per l’eparca, “la Risurrezione di Gesù interessa e coinvolge anche noi. È la possibilità concreta data da Dio a ogni uomo di passare dalle tenebre alla luce, dalla schiavitù alla libertà, dalla tristezza alla gioia, dalla disperazione alla speranza. È un evento che infonde coraggio alla nostra azione apostolica e a tutta la nostra presenza di Chiesa nel mondo finalizzata alla salvezza umana”. “Pienamente inseriti in questo mistero che celebriamo – è l’augurio di mons. Gallaro -, dobbiamo saperci presentare nel nostro ambiente saldi nella fede, fiduciosi nella speranza, operosi nella carità”.

PIAZZA ARMERINA. “La festa di Pasqua è memoriale della risurrezione di Cristo: passaggio dalla morte alla vita, quel transitus che inaugura la preponderante vittoria della vita sulla morte”. Così inizia il messaggio di Pasqua del vescovo mons. Rosario Gisana. “La morte, che rappresenta il momento più doloroso dell’esistenza umana, diventa mezzo per suscitare l’effluvio di una vittoria irrepetibile: dal momento in cui Gesù di Nazareth muore sulla croce – scrive il presule -, sperimentando l’abisso degli inferi, di quel silenzio straziante dell’assenza di Dio, la vita assume un nuovo corso, le cui prospettive si rivestono del dono della divinizzazione. La morte di Gesù segna la vittoria pasquale; è un momento rivelativo essenziale per l’umanità. La sua condizione finale non sarà l’oblio della finitudine, ma l’immissione nel mistero della relazione trinitaria. Sembra cioè che Gesù, nonostante il grave peso della sofferenza, volutamente condiviso e assimilato a sé «per venire in aiuto a quelli che subiscono la prova» (Eb 2,18), non soltanto abbia fatto un dono speciale all’umanità, tratteggiandole la via della salvezza, ma abbia altresì ricostituita per essa la nuova creazione, a partire dalla quale muteranno le misure di giudizio: la creatura, oppressa dal peccato, è amata da Dio, protesa inesorabilmente verso la vittoria, che è partecipazione alla vita divina”. Per il vescovo di Piazza Armerina la risurrezione di Cristo ha fortemente risvegliato “la ricerca della felicità”, che altro non è che “il desiderio che l’uomo ha di Dio”, “al punto che l’uomo vive della nostalgia del bene. Quando lo riceve è gioioso, ma quando lo dona e lo edifica attorno a sé, cresce in lui la certezza che la vita ha davvero riscosso sulla morte quella vittoria che è sintomo di questo processo di divinizzazione, che si compirà con la risurrezione della carne. Cristo risorto ha inaugurato uno stato epocale del tutto inaspettato, che induce ad affermare: «Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17)”.

RAGUSA. “La Pasqua è vita, è luce e speranza, e noi tutti abbiamo un grande bisogno di vita nuova, di luce vera e di speranza viva che non delude”. Lo scrive mons. Carmelo Cuttitta, vescovo di Ragusa, nel messaggio alla diocesi per Pasqua. Il presule augura “a tutti che la luce e la speranza della resurre-zione entri nella nostra esistenza di ogni giorno. Quante oscurità, quante solitudini, quanti dolori, quanti deserti dobbiamo attraversare. Ma non siamo mai soli: Cristo è risorto. Con Lui, la soffe-renza e il dolore, le catastrofi e le ingiustizie sociali non sono l’ultima parola della storia, ma lo scoglio oltre al quale c’è una realtà nuova, c’è la vita destinata a durare per sempre”. Con Gesù, “le difficoltà non sono un motivo di scoraggiamento, ma lo stimolo per un impegno che si fa cari-co dei bisogni e delle attese dei nostri fratelli”.
Da qui l’invito: “La Pasqua ci spinga a cercare occasioni e a trovare relazioni, che possano dare concretamente vita, luce e speranza a noi, e alle persone che incontriamo. Le nostre comunità hanno bisogno di trovare segni e motivi per un cammino più luminoso e per una vita più fiduciosa e più buona. Ma hanno pure bisogno di occhi limpidi che sappiano vedere e riconoscere”. La fede nella resurrezione di Cristo, ha spiegato il vescovo, “ci assicura che nessuna opera buona, fatta dai cristiani o da chi non condivide la fede in Cristo, è destinata al fallimento o all’insignificanza, ma diventa segno di vita nuova perché aiuta a guardare verso l’alto, favorisce il prendersi cura e il farsi carico di chi vive nel dolore e nella povertà”. 
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