Per affrontare il cambiamento d’epoca entro cui siamo collocati, che è cosa ben diversa da una semplice epoca di cambiamenti, sono necessari tre passi. Il primo è percepire il cammino in senso storico, il che non ci fa mai prigionieri di una stagione, ma ci rimette ogni volta in movimento.
Per affrontare il cambiamento d’epoca entro cui siamo collocati, che è cosa ben diversa da una semplice epoca di cambiamenti, sono necessari tre passi. Il primo è percepire il cammino in senso storico, il che non ci fa mai prigionieri di una stagione, ma ci rimette ogni volta in movimento. Il secondo è vivere il cammino in senso spaziale, riducendo le distanze, sia off line che on line, senza attendere fatalisticamente che gli altri si muovano verso di noi. Il terzo, infine, è produrre il cammino in senso esistenziale attraverso alcune decisioni che fanno emergere il profilo di una compiuta umanità cristiana.
L’atteggiamento da riscoprire oggi è quello dell’educare che non pone nel passato l’età dell’oro, ma nel futuro lo spazio della possibilità. Tipica del cristianesimo è questa lettura proiettata in avanti anziché ripiegata sul passato. E tutta la cultura moderna, senza saperlo, se ne è fatta interprete rispetto alla cultura antica e pagana.
La modernità, con la sua valorizzazione del singolo, della sua libertà, della sua capacità di azione e di cambiamento è pienamente figlia del pensiero cristiano, anche se vuole rinnegare le radici. Se questo è vero occorre ritrovare l’audacia di educare tenendo conto di alcuni caratteri – questi sì, innegabili – che descrivono la condizione dei nostri tempi.
“Tempi duri” per la fede, non vi è dubbio. Ma solo per la fede o anche per la vita? Se è vero che viviamo “vite che non possiamo più permetterci” (Z. Bauman), la fede non è però un lusso insostenibile. Resta una possibilità alla portata della libertà umana. Dipende anzi da essa la qualità umana del nostro oggi e soprattutto del domani.
La fede non ė un’adesione intellettuale, o un sentimento interiore, ma è la capacità di metterci in movimento, in cammino, ascoltando un invito e fidandoci di una promessa di pienezza. E questo movimento di uscita da noi stessi, dalle nostre certezze e sicurezze, ė anche un movimento di avvicinamento ad altri, di accorciamento delle distanze, di costruzione di prossimità. Questo movimento verso l’altro va recuperato, per dare autenticità alla comunicazione e per rendere possibile ogni tipo di processo educativo e formativo.Il punto di partenza dell’evangelizzazione oggi non può essere l’universale, ma il presente come occasione di cogliere la presenza di Dio e come orizzonte della nostra prassi.
(Mons. Domenico Pompili, non potendo essere presente, ha inviato la relazione letta all’assemblea da don Giuseppe Rabita, direttore dell’Ufficio regionale per le Comunicazioni Sociali della CESi)
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