Non c’è sosta negli sbarchi sulle coste di Sicilia di uomini e donne alla ricerca di cibo, di lavoro, della propria dignità, della salvezza della propria vita. Non c’è sosta nell’impegno di chi, nel nome di Cristo, incarna l’accoglienza e ne fa un impegno pastorale e di vita.
Non c’è sosta negli sbarchi sulle coste di Sicilia di uomini e donne alla ricerca di cibo, di lavoro, della propria dignità, della salvezza della propria vita. Non c’è sosta nell’impegno di chi, nel nome di Cristo, incarna l’accoglienza e ne fa un impegno pastorale e di vita.
Così è per le Chiese di Sicilia che lo scorso anno, più volte, in coro con la Chiesa italiana e con Papa Francesco, si sono chieste “Dov’è tuo fratello?” e che a “L’esodo della famiglia nel tempo della crisi” hanno dedicato l’intero quinquennio in corso di svolgimento.
“Ci rimbocchiamo le maniche, inseguiamo soluzioni non polemiche” spiega l’arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi, delegato CESi per la Salute e per l’Educazione cattolica, la Scuola e l’Università, segretario della stessa Commissione Episcopale nazionale e membro del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici Italiani. “Il dramma dell’immigrazione è un dato storico con cui confrontarsi quotidianamente – dice -, non esistono ricette risolutive. Del resto non è un fenomeno straordinario e temporaneo, ma una realtà con la quale dobbiamo fare i conti ogni giorno e cominciare a considerare una colossale opportunità”.
E su questa strada la Chiesa si muove da tempo, cercando di “rendere tangibile sul campo la missione a cui è votata”. Se, infatti, “nella concretezza mancano politiche di accoglienza e integrazione, è innegabile – per mons. Pennisi – che l’unica maniera umana di accoglierli è integrarli sul territorio attraverso strutture piccole, a misura d’uomo: nei centri in cui vengono ammassati migliaia di profughi è impossibile andare incontro ai bisogni di ciascuno. Serve buon senso – avverte -, non misure emergenziali”.
L’arcivescovo denuncia “lo scandalo” di chi, “con cinismo, pensa di approfittare delle sventure altrui per fare affari” ed evidenzia come “l’immigrato è un essere umano da accogliere e che contribuisce ad arricchire la società economicamente, culturalmente e religiosamente”.
L’invito è ad “essere prima che apparire”.
Mons. Pennisi ripropone le indicazioni di Papa Francesco: “Il Santo Padre ci ha detto di provare vergogna, ci ha chiesto un atto di accusa verso i responsabili diretti o indiretti delle tragedie, ma anche un’assunzione di responsabilità, un esame di coscienza, per tutti. Decine di migliaia di morti in mare chiedono verità, giustizia e solidarietà. Di fronte a guerre, conflitti interni e iniqua distribuzione delle risorse economiche, è un crimine chiudere le porte all’immigrazione senza rimuoverne davvero le cause”.
In Sicilia siamo alla vigilia del 2° Seminario di studi organizzato dalla Segreteria Pastorale della Conferenza Episcopale Siciliana sulla prospettiva teologica de “L’esodo della famiglia nel tempo della crisi”. Nell’alveo di un percorso articolato, iniziato già tre anni fa, l’8 e il 9 settembre 2015 i vescovi delle diciotto diocesi dell’Isola si ritroveranno, con tutti i rappresentanti della Chiesa siciliana, per affrontare il tema, “legato alla verità antropologica di un’umanità in viaggio, continuamente provocata a lasciare le certezze della condizione stanziale verso l’incerto del compimento che nella fede ha da venire”. Parole, riflessioni e piste. Ma non solo. Come evidenzia il vescovo di Monreale: si chiede “pragmatismo di frontiera e opere di solidarietà”, “concretezza”. “Immobiliaristi, cooperative legate a personaggi politici, fornitori di servizi, alberghi che ospitano immigrati hanno vantaggi economici, spesso senza preoccuparsi della qualità della vita degli immigrati. E invece – spiega – ci sono famiglie disposte ad accogliere i minorenni non accompagnati dando loro assistenza sanitaria e inserimento scolastico e sociale. Pescatori, militari, medici, volontari, operatori della Caritas, parrocchie, associazioni garantiscono il soccorso e la vicinanza. Argine di civiltà alle stragi degli innocenti che riducono il Mediterraneo in immane cimitero sotto un velo di indifferenza”. [01]
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