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“DALLA PREGHIERA CORALE FINO ALL’ATTENZIONE VERSO L’UOMO”

A poche ore di distanza dalla visita di Papa Francesco in Svezia e la sua preghiera con la Federazione luterana per i 500 anni della Riforma, il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per l'Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, commenta il "grande segno di comunione che si contrappone alle fratture del passato" e il "nuovo impulso che l'evento dà anche in Sicilia, dove, con ortodossi e protestanti, la Chiesa cattolica, da tempo e con profitto, lavora per arrivare ad interventi comuni".

A poche ore di distanza dalla visita di Papa Francesco in Svezia e la sua preghiera con la Federazione luterana per i 500 anni della Riforma, il vescovo di Acireale, mons. Antonino Raspanti, delegato della Conferenza Episcopale Siciliana per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, commenta il “grande segno di comunione che si contrappone alle fratture del passato” e il “nuovo impulso che l’evento dà anche in Sicilia, dove, con ortodossi e protestanti, la Chiesa cattolica, da tempo e con profitto, lavora per arrivare ad interventi comuni”.
Già in un’intervista a firma di Filippo Passantino per il Giornale di Sicilia, mons. Raspanti ha evidenziato che, dal testo della Dichiarazione congiunta firmata da Papa Francesco e dal presidente della Federazione luterana mondiale, il vescovo Munib Younan, “emerge un cambiamento di toni, adesso molto cordiali, con la volontà comune di lavorare all’unità in maniera seria. Si intravede il dolore comune per avere strappato in passato l’unità e aver dato scandalo al mondo per cinque secoli. Da un lato – continua mons. Raspanti – si può leggere un aspetto affettivo, dall’altro più chiarezza, determinazione e un maggiore riconoscimento reciproco”.Se certamente “è auspicabile e pure necessario intensificare il dialogo teologico”, dall’altro occorre “impegnarsi insieme sui problemi dell’umanità”. Del resto, per il presule siciliano, “la dichiarazione di voler ritrovarsi fianco a fianco nell’affrontare problematiche comuni nella società e nel mondo, come per quello che riguarda l’accoglienza dei rifugiati, presenta punti precisi e dettagliati. È evidenziata un’unità nell’impegno civile”. Ed è proprio su questo impegno che le due confessioni, e non solo loro, in Sicilia camminano già una di fianco all’altra. “Con il mondo della Riforma e con quello ortodosso abbiamo studiato per un anno i problemi della città, simbolo della convivenza umana, dal punto di vista caritativo, assistenziale e dell’accoglienza, per favorire uno scambio di dati per interventi comuni”.Un rapporto che parte dalla preghiera corale a Dio e arriva all’uomo, al di là dalla fede che professa. “Cerchiamo un dialogo differenziato ma, allo stesso tempo, unitario: ci si conosce, si parla, si cercano punti di incontro. È un cammino – spiega il vescovo – del quale la Settimana di preghiera per l’unità di cristiani rappresenta una tappa importante, ma non unica. Ci sono, soprattutto in alcune diocesi, altri momenti di incontro, di preghiera comune dedicata alla pace, a volte suggeriti da fatti dolorosi come gli attacchi terroristici. Ovviamente le zone con frequenze maggiori di incontro sono quelle con anche presenza numerica maggiore di cristiani di diverse confessioni, ed è innegabile che ci siano situazioni anche più tese”. Quello dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, anche in Sicilia, è un mondo assai variegato. “Il mondo della Riforma è frammentato; è normale che, in un dialogo concreto, ci si metta a confronto con chi si ha davvero davanti – aggiunge -, e nel nostro caso si tratta di Chiese di antica riforma: valdesi, battisti, metodisti e qualche anglicano. Con loro è un tentativo approfondito di dialogo ecumenico: si guarda alle differenze e a ciò che unisce, si discute, si va a fondo, nello stile che abbiamo visto essere del Papa. Abbiamo una conoscenza reciproca e cordiale tra noi pastori, ma anche con alcuni fedeli laici; siamo soggetti attivi di uno scambio frequente e sistematico, che talvolta ci ha visti, unitariamente noi cristiani, in dialogo anche con i musulmani. Ci sono anche aggregazioni più recenti: qui in Sicilia sono spesso ex cattolici che lasciano la chiesa cattolica e vanno verso altri culti, come in altre parti del mondo sono cristiani di altre denominazioni che vengono tra i cattolici. In questo caso il dialogo è più difficile: qualcuno è disposto a conversare, altri non intendono entrare in contatto. Quello che ci unisce, nel nome di Cristo – per il delegato CESi per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso -, sono certamente le iniziative pratiche, pastorali e caritative”.Le Chiese di Sicilia, insomma, dal Concilio Vaticano II in poi, non sono state a guardare, ma hanno seguito le indicazioni della Chiesa mondiale e di quella italiana, “formandosi e informandosi, incontrando concretamente i cristiani di altre confessioni. Un gesto come quello del Papa – conclude mons. Antonino Raspanti – rafforza determinate intuizioni delle Chiese locali e incita a cercare di capire come e in che misura sia possibile davvero essere tutti una sola cosa in Cristo”. [01] 
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