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“CORAGGIO E FIDUCIA PER ANDARE AVANTI E PER ANDARE LONTANO”

“Coraggio e fiducia per andare avanti e per andare lontano. Questo voglio consegnarvi alla fine del nostro Percorso: semplicemente un piccolissimo incoraggiamento”. E’ mons. Pietro Maria Fragnelli, vescovo di Trapani e delegato CESi per le Vocazioni, a chiudere il cammino di tre giorni proposto dal Centro regionale per le Vocazioni della CESi a Caltanissetta, dal 27 al 29 agosto 2015, sul tema “Vocazioni e santità: grati perché amati”.
Il presule individua tre categorie di destinatari della Pastorale vocazionale.
“C’è chi ti chiede una mano: ragazzi o ragazze che si presentato davanti a noi senza magari essere neanche in grado di porgerci l’interrogativo che hanno in cuore. Sono giovani che hanno un’inquietudine, una domanda profonda. E noi? Diamo spesso poco tempo e tanti consigli già pronti all’uso, sussidi e libri scritti per tutti. Ma ci sono libri scritti e libri da scrivere: questi ultimi non ti danno risposte, ma ti pongono delle domande alle quali è ciascuno di noi che deve rispondere con coscienza e liberamente. Libri da scrivere con gli autori, nei quali i protagonisti siamo noi. Ecco allora che non dobbiamo dare soltanto cose già confezionate e pronte. L’esempio è quello di Maria, che custodiva e meditava la Parola: riscriveva ciò che aveva sentito e ricevuto. Questo è un modo per vivere la gratitudine: scopro di esser stato creato e di far parte di un mondo immenso. All’interno di questo scrivo il “mio” Vangelo, il “quinto Evangelio” (M. Pomilio).
Nella seconda categoria – spiega il presule – troviamo chi ci chiede: ‘Ma come faccio a sentirmi amato se ho sbagliato? Chi mi può veramente amare? Si parla di progetti di Dio, di cose alte … ma la mia storia è infangata, la mia storia ha fatto i conti con la povertà dei miei riferimenti’. Qui il ruolo degli animatori vocazionali è annunciare che l’errore e il peccato non sono una condanna irrimediabile. Annunciare che c’è la misericordia, e non solo: annunciare che nella misericordia c’è una certezza. “Grato perché amato” è allora un “grato perché redento”. E non si tratta solo di gratitudine – aggiunge -, ma di una felicità “stramoltiplicata”. ‘Dove abbondò il peccato, lì sovrabbondò la grazia’! Riusciamo ad annunciarlo? – chiede mons. Fragnelli – E a viverlo?”
Il vescovo arriva, dunque, alla terza categoria. È composta da chi chiede: “Cosa posso fare io? Sono inchiodato ad una sedia, malato, bloccato, …; come posso dire grazie? Cosa se ne fanno gli altri di me?”. “È allora che tu capisci che c’è una prospettiva ulteriore – aggiunge il vescovo – che ti porta a comprendere che, se c’è chi ha un handicap vistoso, io ne ho un altro magari più nascosto, ma non meno grave o invalidante. Il Signore ha bisogno di tutti, si serve di tutti. Anzi sceglie spesso chi non ha sempre tutta l’ “attrezzatura” fisica, morale, culturale solida e perfetta, e così confonde gli stolti. È un percorso che porta più direttamente al senso della redenzione e apre alla possibilità di far camminare il Vangelo nella storia”.
Ecco allora l’incoraggiamento promesso: “Grati perché amati – dice mons. Fragnelli -, amati e resi uniti: siamo tutti come chi cerca il Vangelo da scrivere insieme. Siamo tutti utili, anche “attraverso e attraversati” dal nostro peccato. Fiduciosi. Ma come si fa – chiede – a rispondere a tutte le categorie e persone? Da soli? A tratti sì, da soli, ma mai isolatamente. Ci deve essere la comunità: familiare, parrocchiale, religiosa e diocesana. Dobbiamo sentirci agenti di ‘promozione’ dello Spirito Santo, accompagnatori che devono conoscere tutti i doni della Chiesa per poterli ‘lanciare’. Un lavoro appassionante che ci chiede conoscenza e dedizione al mosaico della Chiesa. Allora il percorso vocazionale che proporremo sarà veramente valido, perché darà risposta alla chiamata che il Signore ha su ciascuno e non alle aspirazioni personali (e passionali!) di chi fa da guida nel cammino verso il compimento del disegno di Dio sulla persona”. [01]
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