CONVEGNO CATECHESI. “CRESCERE CON DIO E CON GLI UOMINI”
Crescere con Dio e con gli uomini è il tema della terza Lectio divina che don Nisi Candido ha proposto ai partecipanti al convegno regionale di catechesi (Enna, 15 – 17 aprile 2016) organizzato dall’Ufficio per la Catechesi, in collaborazione con l’Ufficio per la Famiglia della Conferenza Episcopale Siciliana.
La pagina di Vangelo portata all’attenzione è l’episodio che si è soliti chiamare del “ritrovamento di Gesù nel tempio”, narrazione esclusiva del Vangelo di Luca.
Nella meditatio, il biblista ha espresso il suo “disagio”: “Se ci si aspetta che i Vangeli illustrino in modo edificante il rapporto tra Gesù e i suoi genitori, in particolare con Maria, si deve ammettere di restare delusi. Da Gesù non ci saremmo aspettati parole tutto sommato così ruvide nei confronti della madre e del padre, che peraltro erano in affanno per ritrovarlo. Le sue sono parole che in fondo ci disturbano”.
Dopo essersi soffermato sulla ripetizione nel testo della parola “cercare”, don Candido svela la “finezza linguistica di Luca”: “non dice che i genitori smarrirono Gesù, ma che questi «rimase a Gerusalemme» (v. 43). In altri termini, l’evangelista lascia intendere che Gesù era scomparso a posta dalla vista e dal controllo dei genitori: è una sua scelta e forse anche il preludio del suo destino. Scomparire per farsi ritrovare: questo sembra il gioco drammatico ma necessario che Gesù fa giocare ai genitori per insegnare loro cos’è veramente la fede pasquale: morire con lui per rinascere con lui (cfr. Rm 6,8; Col 2,12). Si capisce allora – ha proseguito il sacerdote siracusano – perché Luca parli di “ammirazione” da parte dei dottori nel tempio (v. 47), mentre per i genitori parla di “stupore” (v. 48): lo potremmo esplicitare meglio in termini di smarrimento, di disorientamento per il comportamento del figlio. Chi non è direttamente coinvolto può limitarsi ad apprezzare l’intelligenza di Gesù; ma chi si trova da sempre a vivere una relazione ravvicinata con Gesù non può non restare sconcertato. Ma quando ci si accosta al mistero del Dio della Bibbia, bisogna deporre le presunzioni, anche quelle più consolidate e sedimentate. È Gesù che gestisce il gioco. Non a caso – forse lo avrete notato – non risponde alla madre: ovvero alla sua domanda risponde con un’altra domanda. È il maestro che fa le domande, non il discepolo. In modo certo brusco e inatteso, i genitori e Maria in particolare stanno imparando cosa significhi essere discepoli.
Anche il finale del nostro racconto è l’ennesima svolta stupefacente. Quando sembra che Gesù si sia finalmente attestato per quello che è, cioè il Figlio di Dio che non deve certo rendere conto agli uomini, l’Evangelista chiosa: «Scese con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. […] E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (vv. 51-52)”.
Mostrando come Luca dica di un Gesù disposto a tornare nella condizione di obbedienza ai genitori, don Nisi Candido ha detto ai convegnisti che “Se avessimo scritto noi il finale, avremmo detto che d’ora in poi Gesù si rende del tutto autonomo. Invece rientra a Nazaret, la città periferica dove Gesù sceglie coscientemente di imparare da Giuseppe e Maria. Il Figlio di Dio decide di crescere: non solo in età, ma anche in sapienza umana e grazia divina, quindi di crescere davanti agli uomini e a Dio, ovvero di crescere con gli uomini e con Dio. Questa è la crescita che Gesù ha scelto per sé e quella che ogni discepolo è chiamato a fare, lasciandosi disorientare nelle sicurezze stantie per essere riorientati da lui in modo nuovo e creativo”. [01]
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