“C’È NECESSITÀ DI UN FARO IN QUESTO MARE DI MORTE E LA CHIESA E LE FAMIGLIE CHE SONO IN ITALIA, COME PICCOLE FIACCOLE, HANNO UN COMPITO PROFETICO”
“Il tema del convegno ‘Dov’è tuo fratello? (cfr Gen 4,9): famiglia e immigrazione’, mi fa tornare alla memoria la mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013, dopo che centinaia di fratelli erano morti in mare. [...] C’è necessità di un faro in questo mare di morte e la Chiesa e le famiglie che sono in Italia, come piccole fiaccole, hanno un compito profetico: mostrare al mondo che questi nostri fratelli, uomini e donne come noi, possono costituire una risorsa preziosa; rafforzare la tutela familiare dei minori non accompagnati; costruire una cultura dell’inclusione. Così, attraverso l’accoglienza vissuta nella carne, potremo far crescere un nuovo umanesimo che, come lievito fecondo, diventi speranza per il Mediterraneo creando condizioni lavorative più dignitose per i migranti e per le loro famiglie, oggi fra noi e domani, forse, nei loro Paesi, quando le condizioni permetteranno loro di rientrare in pace e sicurezza. Allora porteranno con sé ciò che qui avranno ricevuto: disponibilità e amore, piuttosto che rifiuto e indifferenza. Questa non è un’utopia, è la società che il Padre celeste ci chiama a costruire attraverso segni concreti di solidarietà fraterna”.
“Il tema del convegno ‘Dov’è tuo fratello? (cfr Gen 4,9): famiglia e immigrazione’, mi fa tornare alla memoria la mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013, dopo che centinaia di fratelli erano morti in mare. Sono passati quasi due anni da allora, e purtroppo non è cambiato molto: tante, troppe persone ancora sono annegate nel Mediterraneo, e ancora si continua a parlare di ‘emergenza’, mentre in realtà il fenomeno va affrontato con un piano ampio e articolato”. Così Papa Francesco in una lettera indirizzata a mons. Vincenzo Manzella, vescovo di Cefalù, diocesi nel quale la Cei ha scelto di convenire dal 31 maggio al 2 giugno 2015. Voglio ribadire quanto ho detto in diverse occasioni – scriva ancora il Pontefice -: dinanzi a questo esodo di popoli e di famiglie occorre uscire dalla globalizzazione dell’indifferenza. Non è possibile pensare di chiudere semplicemente le frontiere e mettere una diga, quasi un muro, su questo mare”. Poi un appello alle famiglie cattoliche: “C’è necessità di un faro in questo mare di morte e la Chiesa e le famiglie che sono in Italia, come piccole fiaccole, hanno un compito profetico: mostrare al mondo che questi nostri fratelli, uomini e donne come noi, possono costituire una risorsa preziosa; rafforzare la tutela familiare dei minori non accompagnati; costruire una cultura dell’inclusione. Così, attraverso l’accoglienza vissuta nella carne, potremo far crescere un nuovo umanesimo che, come lievito fecondo, diventi speranza per il Mediterraneo creando condizioni lavorative più dignitose per i migranti e per le loro famiglie, oggi fra noi e domani, forse, nei loro Paesi, quando le condizioni permetteranno loro di rientrare in pace e sicurezza. Allora porteranno con sé ciò che qui avranno ricevuto: disponibilità e amore, piuttosto che rifiuto e indifferenza. Questa non è un’utopia, è la società che il Padre celeste ci chiama a costruire attraverso segni concreti di solidarietà fraterna”. [01]
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