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CATECHESI. “MISTAGOGIA: EREDITA’, COMPITO E CONDIZIONE COSTANTE”

Un doppio intervento di mons. Giuseppe Laiti ha aperto il Convegno catechistico regionale sul tema “Nati dall’alto. La mistagogia: questa sconosciuta” (Enna, 28 – 30 aprile 2017). A partire dalla mistagogia nell’iniziazione cristiana e nel catecumenato, il relatore ha accompagnato i partecipanti ai lavori a collocare la prospettiva mistagogica nella catechesi e nella pastorale secondo l’ispirazione catecumenale.

“La mistagogia è eredità della Chiesa dei Padri: ci ricorda che l’agire della Chiesa è un universo delicato, retto da equilibri vitali, tra parola e gesto, singolo e comunità, azione di Dio e azione dell’uomo. Il sacramento non è punto di arrivo di percorsi che ogni singolo adempie per sé. È momento sorgivo di vita nuova nella forma di parola e gesto che visibilizza l’azione di Dio e abilita quella dell’uomo”. Così mons. Giuseppe Laiti, docente presso l’ITA e l’Issr di Verona, nel corso della prima relazione proposta nell’ambito del Convegno catechistico regionale proposto dall’Ufficio regionale per la Dottrina della fede e la catechesi in corso (28 – 30 aprile 2017) ad Enna. Il tema del convenire è “Nati dall’alto. La mistagogia: questa sconosciuta”. Un intervento suddiviso in due parti: la prima ha descritto la mistagogia, appunto, come una eredità e una tradizione, la seconda ha proposto il passaggio “Dall’eredità al compito”. Nella sua riflessione, mons. Laiti ha proposto ai partecipanti all’evento regionale, impegnati tanto nella catechesi quanto della Pastorale giovanile, un “obiettivo (possibile) per la mistagogia oggi”. “L’obiettivo della mistagogia è di costruire una “memoria” positiva della esperienza cristiana e della appartenenza alla comunità ecclesiale, che possa fare da veicolo favorevole alla valutazione positiva del “patrimonio cristiano”. La domanda buona – ha detto – che possiamo desiderare che nasca si potrebbe riassumere così: perché dovremmo attraversare la vita facendo a meno del riferimento a Gesù Signore, della rete relazionale della comunità cristiana? Chi pretende di imporci questa perdita?”.
La comunità mistagogica, allora, diventa “condizione costante”. “L’intera comunità cristiana è sollecitata a divenire ‘mistagogica’ nel suo insieme, ad essere luogo, ‘laboratorio’ permanente di mistagogia. Si tratta di dare rilievo al tessuto che tiene insieme pratica della Parola con la celebrazione e il modo di abitare il mondo: è la gioia del Vangelo che celebra il dono e ne cerca le vie dentro le pieghe della storia, che sa connettere i frammenti di bene, ogni positivo con cui la vita mette a contatto, con la signoria di Gesù che lo fonda, lo ‘autorizza’, lo conduce a pienezza per l’azione paziente dello Spirito”. [01]
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