“Ai suoi discepoli Gesù rivolge a bruciapelo una domanda che anche adesso, dopo venti secoli, continua rivolgere anche a noi: ‘Chi dice la gente che sia il figlio dell’uomo?’. Loro rispondono. Se la stessa domanda fosse posta da Gesù oggi – ha detto il presule -, le risposte sembrerebbero forse più colte, ma sarebbero molto simili. Si evocherebbero i risultati dell’ultimo sondaggio di sociologia religiosa o dell’ultimo romanzo o film alla moda. Come discepoli anche noi potremmo riferire le opinioni più correnti su Gesù: un acuto pensatore, un grande moralista, un martire contro l’ingiustizia, un personaggio importante, una persona affascinante come Socrate, Gandhi, Tolstoj. A Gesù non interessava misurare il livello della sua popolarità o il suo indice di gradimento presso la gente – ha proseguito mons. Pennisi -, Lui vuole la nostra risposta personale: non basta credere nelle divinità di Cristo, bisogna anche testimoniare la sua centralità nella nostra vita di ogni giorno”.
Parlando ai catechisti riuniti dall’Ufficio regionale per la Dottrina della fede e la Catechesi per il secondo anno, mons. Pennisi ha evidenziato che “la scuola proposta invita, abilita, forma, fa crescere, è garante della comunione, coordina la mediazione evangelica, crea cultura, stimola la testimonianza” e ha stimolato i presenti a comprende che “tutto ciò può nascere solo da una fede matura, da un forte senso di amore e appartenenza alla Chiesa diocesana, con la sua storia e le sue tradizioni. Per questa ragione – ha detto -avete pensato una formazione regionale che tenga conto della cultura della nostra Isola, per abilitare le nostre equipe diocesane al prezioso servizio di mediazione tra i diversi linguaggi e le novità del Vangelo”.
L’arcivescovo di Monreale ha invitato a soffermarsi sulla precomprensione di Cristo nella cultura siciliana e ha proposto alcune suggestioni storiche legate alle testimonianze scritte, ma anche alle altre espressioni culturali. Ha proposto lo studio delle influenze storiche e della religiosità popolare. “Nel nostro popolo prevale ancora un atteggiamento religioso – ha detto mons. Michele Pennisi – che si esprime nelle varie forme di religiosità popolare nella quale, però, si vede poco la centralità del mistero di Cristo, si ha ancora un vago rapporto di fede con Cristo, che talvolta viene opposta alla Chiesa, considerata una istituzione umana che ne avrebbe tradito il messaggio, quasi un ostacolo per incontrarsi con Cristo. Da varie inchieste socio-religiose, poi – ha aggiunto – emerge che nei giovani siciliani c’è una tendenza ad una fede soggettiva che porta a privatizzare il rapporto con Cristo”.
Ecco, allora, la sfida di fronte alla quale, oggi, in Sicilia, il catechista è chiamato ad operare: “Di fronte all’amore di Cristo a noi non rimane che un atteggiamento di meraviglia, di gratitudine, di adorazione, di lode che ha un luogo, un tempo, un modo. Il luogo unico in cui possiamo incontrare la presenza di Gesù Cristo è la Chiesa. Il momento in cui noi possiamo fare la nostra professione di fede – ha detto mons. Pennisi – è la celebrazione liturgica domenicale. Incontriamo Gesù nella Chiesa attraverso l’incontro con persone autorevoli nella fede, come Pietro e i suoi successori”. Tutto parte da un’esperienza personale e vissuta. “Il compito del catechista non è solo insegnare la dottrina cristiana – ha concluso -, ma è soprattutto trasmettere agli altri il proprio incontro con Cristo, un incontro che gli ha cambiato la vita. La catechesi non è semplicemente una dottrina che va insegnata o una forma di pedagogia religiosa, ma piuttosto un incontro vivo con Cristo, del quale il catechista si fa annunciatore. La catechesi, innestata in una determinata cultura e tenendo presente i destinatari concreti, può divenire un ponte nei confronti del Vangelo e aiutare le persone a fare l’incontro personale con Gesù Cristo, oggi, nella Chiesa”. [01]
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