AGRIGENTO. CARD. MONTENEGRO: “BASTA CON IL SANGUE INNOCENTE! LOGICA MAFIOSA HA FATTO TANTO MALE AL NOSTRO TERRITORIO”
“Come cristiani e come cittadini ci sentiamo offesi e addolorati per il gesto compiuto a danno della stele che ricorda il sacrificio di sangue che il Giudice Livatino ha pagato nel 1990. Alla barbarie della sua morte si è voluta aggiungere anche quella dell’oltraggio alla sua memoria, per tentare di eliminare ogni traccia che ricordasse un uomo che ha vissuto per la giustizia e per essa ha dato la vita”. Lo afferma il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, dopo avere appreso dell’oltraggio perpetrato da ignoti alla stele del giudice Rosario Livatino, lungo la strada statale 640 che collega Agrigento a Caltanissetta. “Dietro il vile atto di infrangere il monumento al giudice di Canicattì si nasconde quella logica mafiosa che tanto male ha fatto al nostro territorio. Siamo consapevoli – aggiunge il cardinale – che ci sono ancora persone e sistemi di potere che lavorano per distruggere il bene, per danneggiare la dignità di tanti cittadini onesti e per impedire qualsiasi sviluppo della Sicilia”. “A queste persone ripetiamo l’appello di Giovanni Paolo II: ‘Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio’; a queste persone vogliamo dire con chiarezza che il loro modo di ragionare e di fare è fuori dal Vangelo e, pertanto, loro stessi sono fuori dalla Chiesa; a queste persone vorremmo giungesse il grido di dolore di tanti genitori che – come quelli di Livatino – hanno dovuto piangere i loro figli innocenti, nella speranza che quelle lacrime li convincessero a fermarsi. Basta! Basta con i reati contro la giustizia! Basta con il sangue innocente! Basta con la cattiveria usata nei confronti di chi vuole lavorare onestamente! Basta! L’offesa arrecata ieri alla memoria di Livatino – sottolinea l’arcivescovo – ci spinge a recuperare con maggiore forza l’impegno a vivere e a testimoniare la giustizia. Nessuna barbarie fermerà la volontà di tanti uomini e donne di questa terra che credono nella giustizia. Con la forza umile che ci viene dal giudice Livatino desidero lanciare un appello a tutti: cerchiamo di essere noi un monumento vivente alla giustizia, al bene, al rispetto delle regole, all’amore. Come Livatino, nel posto in cui ci troviamo e nel lavoro che svolgiamo, impegniamoci ad essere persone giuste, corrette, integre; evitiamo ogni forma di compromesso con la mentalità mafiosa, ogni forma di omertà, di connivenza e di complicità con chi vuole dominare con il potere e l’ingiustizia. L’esempio che ci ha lasciato Livatino ci porti ad essere ‘affamati e assetati di giustizia’. Solo così il suo esempio continuerà a vivere e la nostra testimonianza sarà la risposta più bella a quanti vogliono offendere la memoria delle persone giuste che hanno fatto grande la nostra terra”.
Anche mons. Melchiorre Vutera, vicario generale dell’arcidiocesi di Agrigento, ha commentato al settimanale diocesano “L’Amico del Popolo” il danneggiamento della stele fatta erigere alla periferia di Agrigento dai genitori del giudice Rosario Livatino, magistrato ucciso dalla mafia il 21 settembre del 1990. “È un gesto inconsulto – ha detto – compiuto da ignoti, che segue l’infrazione al monumento di Falcone. Ci auguriamo che la giustizia possa chiarire al più presto le ragioni. In questi giorni, in cui ricorre la memoria di questi martiri, hanno voluto riaffermare la loro presenza e la loro capacità di operare contro la legge. Ma noi abbiamo fiducia che la giustizia possa trovare queste persone e ripristinare la legalità”. Il monumento si trova nel luogo in cui il magistrato venne assassinato mentre, senza scorta e da solo, viaggiava da Canicattì ad Agrigento, diretto al Palazzo di Giustizia.
“L’oltraggio al monumento di Agrigento in ricordo di Rosario Livatino non merita commenti o aggettivi. Chi ne è l’autore sappia che rappresenta un ulteriore incentivo a seguire e a far conoscere l’esempio di rettitudine, di professionalità e di dedizione del magistrato del quale è in corso la causa di beatificazione: esattamente come il suo sacrificio, 27 anni fa”. Così il Centro studi “Rosario Livatino”, formato da magistrati, docenti universitari e avvocati. [01]
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