Pubblicato il

10 luglio 2020

Monreale

OMOTRANSFOBIA: DDL ZAN “COMPROMETTE LIBERTÀ DI PENSIERO”

OMOTRANSFOBIA: DDL ZAN “COMPROMETTE LIBERTÀ DI PENSIERO”

Il ddl Zan-Scalfarotto si propone di contrastare l’omofobia e la transfobia compromettendo, tuttavia, gravemente la libertà di pensiero anche con delle conseguenze relative al piano penale: sarà ancora legittimo affermare che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre? Non si tratta certo di ridurre qui tutto ad uno scontro tra “cattolici” e “non cattolici”, sarebbe troppo riduttivo: la questione posta dalla legge in discussione, infatti, può interessare chiunque.

Invero, certi giudizi possono non essere discriminatori, ma essere fondati su una base valoriale e non solo su un credo religioso, come si fa, dunque, a distinguere una convinzione profonda da un episodio di discriminazione? Come afferma l’avvocato Simone Budelli, presidente dell’Unione giuristi cattolici di Perugia, il ddl Zan-Scalfarotto è ammantato di libertà e progresso, ma in realtà è una legge liberticida, che non apporta nessuna ulteriore garanzia per la minoranza gender.

La preoccupazione maggiore è relativa alla modifica dell’art. 604 del codice penale, il cui ulteriore ampliamento della fattispecie incriminatrice appare certamente pretestuoso, con l’obiettivo non di punire gli odiatori, come si vorrebbe far credere, ma di creare una nuova casta; rischiando di sanzionare non già la discriminazione bensì l’espressione di una legittima opinione; compromettendo i valori preminenti della Costituzione e nello specifico l’art. 21, pietra angolare della nostra democrazia, secondo il cui dettato “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

La Costituzione garantisce, dunque, quella che viene definita libertà negativa, ossia il diritto a non essere ostacolati nella formazione delle proprie opinioni e nella espressione del proprio pensiero, e allo stesso tempo, tutela anche la libertà positiva, il pensiero attivo trasmesso verso altri soggetti in modo dinamico e attraverso i diversi mezzi di diffusione che, in un contesto di complessità sociale, non può essere certamente ostacolato ma semmai assicurato dal potere politico.

Il d.d.l. Zan-Scalfarotto, al contrario, contrasta proprio con la concezione liberale della democrazia, anteponendosi inevitabilmente a quel pluralismo ideologico tanto decantato dalla parte politica degli stessi proponenti.

La convinzione profonda, dunque, consiste nella necessità di un ritorno alla Costituzione, ovvero di una correzione della direzione intrapresa negli ultimi anni, che fa registrare un sempre più ampio scollamento tra ciò che questa dice e ciò che gli interpreti le fanno dire, creando un atteggiamento di favore nei confronti di una sorta di diritto costituzionale vivente e conveniente. La Costituzione viene così impiegata per legittimare il comportamento degli attori politici, confondendo la regola con quella che è ormai la regolarità. Tale atteggiamento porta ad una sempre crescente svalutazione dell’efficacia prescrittiva della Carta costituzionale in favore di quella meramente descrittiva, piegandola alle istanze ed alle esigenze della politica.

Infine, la legge introduce il concetto di «vulnerabilità» rispetto alle persone di orientamento LGBT. Frasi del tipo: “l’adozione omosessuale va contro la natura dell’uomo, è impensabile sostenere un principio del genere, io non sopporto chi sostiene questa tesi”, minerebbero la vulnerabilità della comunità Lgbt determinando una ipotesi di reato. Ci chiediamo allora: dove termina il principio di vulnerabilità e inizia quello di libera manifestazione del pensiero?

Secondo Zan, «nella libertà d’espressione non si può includere l’incitamento all’odio. Ecco perché la libertà d’espressione, garantita dalla Costituzione, dev’essere bilanciata dal rispetto della dignità umana».

Peccato che il reato d’odio non è un qualsiasi sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto, ma, come dice la Cassazione penale, sez. V, con sentenza del 22/07/2019 n° 32862, dev’essere motivato da un sentimento idoneo a determinare il concreto pericolo di comportamenti discriminatori.

In attesa di un Vs riscontro, porgiamo cordiali saluti

 

Il Consiglio Pastorale Diocesano di Monreale

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