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AGRIGENTO. “MORIRE DI SPERANZA”: IN RICORDO DELLE VITTIME DEL 3 OTTOBRE 2013

Venerdì 3 ottobre, a un anno del tragico naufragio davanti a Lampedusa, dove persero la vita 368 persone, donne, uomini e bambini, la Comunità di Sant’Egidio promuove alle ore 16.30, nella parrocchia di San Gerlando, a Lampedusa, insieme a Centro Astalli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese evangeliche in Italia, Comunità Papa Giovanni XXIII, Acli, arcidiocesi di Agrigento, la veglia di preghiera “Morire di Speranza”, in memoria di quanti hanno perso la vita nel naufragio del 3 ottobre 2013. Durante l’anno trascorso la Comunità di Sant’Egidio insieme con alcuni sopravvissuti ha ricostruito l’identità di quanti hanno perso la vita. I nomi di tutti gli scomparsi verranno ricordati durante la preghiera. Due grandi fotografie sotto l’altare ricorderanno il salvataggio di una persona in mare e molti dei volti delle persone morte nel naufragio del 3 ottobre 2013. La preghiera sarà presieduta dal cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per i migranti e gli itineranti. Saranno presenti, tra gli altri, l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, presidente di Migrantes, il pastore valdese Maria Bonafede, monsignor Marco Gnavi, della Comunità di Sant’Egidio, un prete ortodosso eritreo e altri rappresentanti delle associazioni organizzatrici.

Alla veglia di preghiera parteciperanno superstiti eritrei e parenti degli scomparsi. La preghiera “Morire di Speranza” è ormai una tradizione della Comunità di Sant’Egidio che da oltre dieci anni la organizza per fare memoria di tutti coloro che muoiono durante i viaggi verso l’Europa. Quest’anno fa tappa a Lampedusa per “rendere memoria e affidare al Signore i nomi e le storie di coloro che sono morti nei viaggi della speranza”. La veglia di preghiera oltre a “ricordate i nomi di coloro che hanno perso la vita nel naufragio” è un “momento di compassione che chiede all’Europa tutta di sostare e ritrovare le radici e i valori di una rinnovata accoglienza per evitare che il Mediterraneo continui a essere un cimitero”.

“Nel Mediterraneo si continua a morire a causa della migrazione” e “gli ultimi numeri degli annegati sono davvero raccapriccianti, superano le 368 vittime del 3 ottobre, ma se ne fosse morto solo uno già sarebbe stato di troppo. Avverto tanta indifferenza e ciò è disgustosamente triste”. Così parla mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, in un’intervista al settimanale diocesano “L’Amico del Popolo”. “La presenza di questi fratelli in diverse aree del nostro Paese, la loro dislocazione in diverse case di accoglienza – osserva -, ha contribuito notevolmente a creare, laddove non esistevano già, o a rafforzare i presidi della solidarietà; nelle nostre comunità parrocchiali si registrano dei segnali incoraggianti, segni positivi di accoglienza e prossimità. I poveri sono sacramento di Cristo, sono la sua carne, Papa Francesco lo ripete da tempo esortandoci a non prendere le distanze dalle piaghe di questa carne: no, non possiamo chiudere gli occhi, né voltarci dall’altro lato”. A Lampedusa Papa Francesco ha compiuto il suo primo viaggio. Da allora, secondo il vescovo, è cambiata “la nostra opinione”, e quell’isola che “nel nostro immaginario era assurta a luogo di disperazione, a sinonimo di sbarchi”, ora ha “assunto un’altra connotazione che è quella della carità accogliente e della speranza”.

“La mobilitazione in atto per commemorare la tragedia di un anno fa è certamente significativa”, ma non dimentichiamo che “si è già drammaticamente ripetuta diverse volte in questi dodici mesi”. A porre l’attenzione su un dramma che non ha fine, a un anno dal naufragio che costò la vita a centina di migranti al largo di Lampedusa, è il direttore della Caritas di Agrigento, Valerio Landri, dalle colonne del settimanale diocesano agrigentino “L’Amico del Popolo”. “Altri morti ci sono stati nel mare – evidenzia Landri -, ma poco se ne è parlato. Lo sterminio degli Yazidi, in fuga da una pulizia etnica inaudita, le devastazioni della guerra in Siria e in Palestina, le persecuzioni violente di Boko Haram in Nigeria… sono solo alcune delle cause di migrazioni attive: centinaia di migliaia di persone sono vilipese e violentate nella loro dignità e rischiano oggi di diventare i commemorati di domani”. “In questi giorni – osserva – faremo memoria delle vittime del mare, ed è un atto dovuto. Credo però che il miglior onore che potremmo rendere alle ‘vittime del 3 ottobre’ sia quello di onorare quanti oggi condividono i loro sogni di pace e libertà, cominciando da quanti vivono oggi nelle nostre città (perché il mare li ha risparmiati) da ospiti non graditi se non disprezzati”. [01]

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