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MAZARA DEL VALLO. TORNA A RISPLENDERE LA “SISTINA DI SICILIA”

Intere generazioni non li hanno mai visti quegli stucchi preziosi e splendidi che Antonino Ferraro da Giuliana realizzò su volere di don Carlo d’Aragona, vicerè di Catalogna e ambasciatore in Germania, perché la chiesa San Domenico a Castelvetrano nel ’68, a seguito delle scosse del terremoto che sconquassarono la Valle del Belice, fu chiusa al culto. E chi lo ricorda, proprio l’anno del sisma fu l’ultimo durante il quale si poterono ammirare quei capolavori nell’abside e nel coro. Da allora un ponteggio montato negli anni ’80 per riparare il tetto rimase lì, come un sipario di ferro a nascondere quella che in tanti definiscono la “Sistina di Sicilia”.

Venerdì 7 febbraio, alle ore 9,30, l’esempio fulgente di manierismo siciliano tornerà al suo antico splendore. E sulla lunga fatica per arrivare al completamento dell’opera di restauro di stucchi e marmi dell’apparato decorativo del presbiterio interverranno: Gaspare Bianco, Teresa Pugliatti, Lina Scalisi e monsignor Crispino Valenziano del Pontificio Istituto Liturgico “Sant’Anselmo” di Roma.

“Il restauro ha costituito un’irrinunciabile opportunità di studio delle tecniche artistiche caratterizzanti questa misconosciuta bottega di “cesellatori siciliani” dello stucco – spiega Gaspare Bianco della Soprintendenza ai beni culturali di Trapani – e una straordinaria occasione per un approfondimento e una appassionata ricerca sull’iconografia cristiana e sul valore della forza comunicativa delle immagini”.

Di “una vittoria del bello sulla sciatteria”, parla il Vescovo mons. Domenico Mogavero, per il quale “la sinfonia grandiosa della bellezza fatta forma torna a risuonare in una delle nostre città, nota più per talune sue pecche morali, e vuole diffondere anche oltre i suoi confini un messaggio di armonia e leggiadria. La riapertura di San Domenico è una vittoria del bello sulla sciatteria, dell’eleganza sulla volgarità, del sublime sull’effimero, della gioia contemplante sul piacere banale, della pazienza perseverante sulla fretta inconcludente. La fruizione diffusa di questo monumento speriamo possa favorire una svolta di stile, capace di ridare serenità e gioia al cuore, facendo da contrappeso alle tante sollecitazioni negative a cui la cappa di una crisi interminabile ci espone”, sono ancora le parole del Vescovo.

Nell’area presbiteriale sono raffigurati i temi relativi alle promesse, alle profezie e alle prefigurazioni di Cristo. Un complesso decorativo che culmina nell’albero di Jesse: un vero e proprio “capolavoro nel capolavoro”, costituito da quattordici statue oltre il naturale che, disposte in attitudini diverse, sembrano distaccarsi dal muro e reggersi in aria. “Il restauro – spiega ancora Bianco – è stato realizzato con le più avanzate tecnologie disponibili in Italia: è stata creata anche una banca dati tridimensionale del lavoro di restauro eseguito e delle opere d’arte conservate nella chiesa, e con la costante collaborazione scientifica dell’opificio delle Pietre Dure di Firenze, dell’Istituto centrale del restauro”. [01]

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