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AGRIGENTO. HALLOWEEN: “AUTENTICO SIGNIFICATO E LA REALE PORTATA”

In prossimità della festa di Halloween, vorrei proporre alle famiglie, alle agenzie educative, alle istituzioni, ai gestori degli esercizi commerciali, agli operatori pastorali e alla Comunità Ecclesiale tutta alcune riflessioni che ci aiutino a comprenderne l’autentico significato e la reale portata, al fine di decidere con più consapevolezza e con ragionevoli e coerenti motivazioni quale sistema di

pensiero e di valori vogliamo fare nostro e trasmettere ai più piccoli, al di là di una ingenua e superficiale accettazione di tutto ciò che una società sempre più confusa e incerta, precaria e consumista, oggi ci propone.

Chiarisco subito che si tratta di semplici riflessioni, che non hanno altra pretesa se non quella di far maturare un pensiero autonomo e critico, capace di vagliare i vari messaggi, più o meno chiari ed evidenti, che ogni giorno riceviamo e che rischiano, talvolta a nostra insaputa, di disorientarci o anche semplicemente di distrarci da una realtà più scomoda ed esigente.

Anche se il nome “Halloween”, attribuito peraltro alla festa solo nel XIX secolo, significa letteralmente “Vigilia di tutti i Santi” e lascerebbe supporre che si tratti di una festa tipicamente cristiana, le sue origini sono da ricercare nella cultura delle popolazioni celtiche pre-cristiane, presso le quali si chiamava “Samhain”, nome che piuttosto indicava semplicemente la fine dell’estate.

Più precisamente, la festa di Samhain nella religione druidica si colloca in una visione circolare e ciclica del tempo, in cui tutto ritorna secondo i ritmi della natura, e rappresenta un momento che, posto al limite tra il ciclo vecchio (fine dell’estate) e quello nuovo (inizio dell’inverno), esce dalla dimensione temporale e consente per questo l’abolizione del confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Nella notte di questo passaggio, fra il 31 ottobre e il 1° novembre secondo il calendario celtico, in un tempo strappato al tempo e in uno spazio abitato contemporaneamente dalla vita e dalla morte, i Celti credevano che i morti uscissero dalle tombe per far visita ai vivi, mentre fate ed elfi, creature mitologiche considerate nemiche degli uomini, si intromettessero per fare scherzi, spesso pericolosi, ai vivi.

A questa credenza e a questo sistema culturale e religioso, tipici dell’Irlanda e della Scozia e diffusi successivamente negli Stati Uniti e in Canada, si collega l’usanza di far vestire i bambini da streghe, zombie, fantasmi e vampiri (figure che, in un modo o in un altro, richiamano lo stato di non-morte, il mondo dell’occulto e la dimensione del male) e di mandarli a bussare alle porte delle case a chiedere «dolcetto o scherzetto?», rievocando l’altra tradizione, sempre legata allo Samhain celtico, di lasciare nelle case dei dolci per i morti che fossero venuti a far visita alla famiglia. Quando il Cristianesimo si impiantò nei già esistenti sistemi culturali, ne riprese e ne affinò le espressioni più tipiche, dando, proprio a partire dalle feste, una lettura  della storia e del mondo che corrispondesse ai dati della Rivelazione cristiana. Così, in una rinnovata visione del mondo sottratto al caos di forze incontrollabili e consegnato all’ordine sapiente e onnipotente del Creatore, alla pre-cristiana e

pagana festa delle forze occulte della natura e dei morti che non trovano riposo, si sostituirono la Festa di tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. La storia di questa evoluzione, che qui, per esigenza di brevità, ho dovuto presentare in maniera succinta ed essenziale, ma che sarebbe utile approfondire ulteriormente in sedi più opportune, rivela la trasformazione culturale, e non solo religiosa, che si sta progressivamente operando nella nostra società.

Ciò premesso, nel pieno rispetto di quanti volessero scegliere altri sistemi religiosi e filosofici a cui ispirare la propria vita, vorrei proporre, a quanti si professano cristiani e a quanti hanno a cuore l’identità culturale che ci contraddistingue, i seguenti interrogativi:

a)che effetti può avere, a lungo andare e senza una matura e cosciente riflessione, l’assunzione inconsapevole di una cultura della morte e del male, propria di un neopaganesimo dilagante, in evidente contrapposizione a una cultura della vita e del bene, propria della più autentica tradizione cristiana?

b) a cosa porta la sostituzione dell’usanza – tipicamente nostra – di far trovare ai bambini i “regali dei morti”, perché imparino che la morte è un dono della vita, con l’acquisto di oggetti che esprimono la dissacrazione della morte e, conseguentemente, della vita?

c) cosa comporta la sostituzione del culto – tipicamente cristiano – dei morti e dei santi, capace di aprire alla speranza della vita eterna e alla comunione con i vivi e i defunti, con la leggerezza dello scherzo sulla condizione dei morti e, conseguentemente, dei vivi?

Auspicando che queste semplici riflessioni e questi ineludibili interrogativi trovino tante persone di buona volontà disposte a mettersi in discussione, auguro a tutti la maturità di fede e di pensiero che S. Paolo augurava alla comunità di Roma dicendo: «Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2). [01]

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