Pubblicato il

14 ottobre 2021

Agrigento

IL BEATO ROSARIO LIVATINO TORNA… IN CARCERE: LA RELIQUIA FA SOSTA CON I DETENUTI

IL BEATO ROSARIO LIVATINO TORNA… IN CARCERE: LA RELIQUIA FA SOSTA CON I DETENUTI

La peregrinatio delle reliquie Rosario Livatino fa tappa al carcere di Agrigento. È stato un momento intenso, “bello e particolare“, quello che è stato vissuto questa mattina presso la casa circondariale di contrada Petrusa: la camicia insanguinata che il magistrato indossava il giorno del suo assassinio e che è reliquiario del beato Rosario Angelo Livatino, ha raggiunto e sostato con i detenuti, le guardie, magistrati e tirocinanti dell’Ufficio di Sorveglianza, presso l’istituto intitolato a Pasquale Di Lorenzosovrintendente di Polizia Penitenziaria anch’egli vittima della mafia. Una sosta di riflessione e di preghiera: il cappellano pro tempore,  frate Agatino Sicilia, ha presieduto la celebrazione eucaristica, cuore della tappa della peregrinatio. “Un momento di Grazia“, durante il quale tre detenuti si sono comunicati, per la prima volta, all’Eucarestia.

La reliquia è stata accolta dai dirigenti del carcere, il comandante Giuseppe Lo Faro, dagli agenti di Polizia Penitenziaria; presenti al momento anche i presbiteri e L a fraternità dei Frati Francescani di Favara.

La sosta assume un rilievo particolare per l’attenzione che il Giudice Livatino riservava ai detenuti: attentissimo a non confondere la persona con il reato, rispettava gli imputati – spiega don Carmelo Petrone, direttore del settimanale diocesano agrigentino ‘L’amico del popolo’ -, anche coloro che si erano macchiati dei più gravi delitti. Si racconta che in un caldissimo Ferragosto andò personalmente a portare in carcere il mandato di scarcerazione per un detenuto. E a chi gli chiese la ragione della sua presenza in carcere rispose: «All’interno del carcere c’è una persona che non deve restare neanche un minuto in più. La libertà dell’individuo deve prevalere su ogni cosa». Mi piace pensare alla visita della reliquia di Rosario Livatino ai detenuti del Carcere Petrusa – prosegue Petrone – non solo come un gesto di attenzione nei loro confronti. Quella teca ‘dentro’, che percorre i corridoi con le porte blindate è lì per ricordare a noi, ‘fuori’, che dietro quelle porte ci sono persone che stanno pagando per quanto hanno fatto, private della libertà personale. Ma che, come prevede l’art. 27 della Costituzione, la pena è finalizzata alla “rieducazione” del condannato“.

La visita ha previsto anche una tappa alla sezione femminile del Carcere con dei momenti di riflessione e preghiera, il cui filo conduttore è stato “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”.

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