26 giugno 2019
Ufficio regionale per la Cultura e le Comunicazioni sociali
“DAL LIKE ALL’AMEN”: LIMITI E NUOVI IMPULSI PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
“Il tema di quest’anno realizza anche plasticamente quello che noi siamo” ha detto Vincenzo Corrado, soffermandosi sulla parte finale del messaggio del Papa, quella “più intima e familiare” che “ci dà un bugiardino sulle nostre relazioni”. Per il vice direttore “i tempi comunicativi molto accelerati che oggi viviamo annullano lo spazio del silenzio, ce lo rendono quasi fastidioso, ma è invece questa la dimensione che ci permette di sostare con noi stessi, ritrovarci e riconoscerci”.
Ha poi messo a raffronto i “like” e gli “amen”. I primi sono “dimensione imprescindibile nel mondo dei social”: sono “quei pollici in su – ha detto Corrado –, del tutto uguali a quelli che nelle arene dell’antichità decretavano la vita di una persona o, al contrario, la morte” e che “spesso usiamo come termometro sociale”; gli “Amen” sono spesso “visti come fede e adesione contrapposta alla ragione”, ma invece “sono atto di fiducia, espressione di una fede e un credere che ci impongono di sostare e di andare a fondo”.
Non si tratta di scegliere, né si chiede un passaggio “dal social alla realtà”: infatti “le community possono accompagnare, preparare un incontro di comunità” ed è innegabile che si possa “facilitare la costruzione di comunità attraverso un uso sapiente delle community”.
Eppure ci sono dei limiti, il primo dei quali è l’intolleranza. “Non siamo più portati ad ascoltare l’altro, a veder in lui il volto di una persona da ascoltare” ha detto il vice direttore dell’Ufficio nazionale per le Comunicazioni sociali, che ha parlato di “imbarbarimento del linguaggio che tende a fomentare” e di “Babele mediatica”. “Le nuove tecnologie rendono più semplice comunicare, ma abbiamo consapevolezza di cosa e come comunichiamo?” ha detto parlando della differenza tra cosa “fa notizia “ e cosa “è notizia”. “I tempi sono complessi, probabilmente di crisi, ma sicuramente interessanti – ha aggiunto –, certamente tali da imporci di non rinunciare ad avere rapporti di reciprocità tra noi, nel nostro territorio, nelle nostre comunità”. Un lavoro di ritessitura e ricucitura, dove “la reciprocità è dimensione accogliente dell’amen”, “è la capacità di mettere e tenere insieme l’amen e la verità”, come “il tassello di un mosaico tra le due che rende l’immagine completa”.
Corrado ha permesso alla Commissione composta dai direttori e dai collaboratori degli Uffici cultura e Comunicazioni sociali delle diciotto diocesi della Sicilia e alla quale si è aggiunto l’Ufficio stampa della Conferenza episcopale siciliana di riflettere su alcune “parole chiave” che Assisi ha consegnato: la “fiducia che dà impulso al nostro impegno, quella che ci è stata concessa quando ci è stato chiesto di spenderci in questo settore e che noi dobbiamo a nostra volta riconsegnare”; il “cambiamento, non quello che indossiamo e riponiamo quando ci sta stretto, ma un cambiamento di mentalità, una prospettiva nuova, non solo nella dimensione temporale di ciò che siamo ma in quella reale”; l’“ascolto, senza il quale non saremmo buoni comunicatori”, quello che “ci permette di costruire relazioni vere e di scoprire persone, comunità”. E ancora la “compassione” e il “servizio”, perché “questo è comunicare: un atto di servizio e, come tale, di amore”. Infine, ma non in ultimo, la “verità, quella che ci fa liberi e che richiede una preparazione continua, un cammino continuo. La verità – ha detto Corrado – che provoca e mette a nudo, che è la dimensione del nostro impegno e del nostro lavoro, che ci permette di schiudere uno dei grandi limiti del nostro tempo: le fake news, con cui si confonde ciò che è vero o verosimigliante”. La verità, allora, “è un orizzonte a cui tendere, su cui tenere gli occhi fissi, mentre andiamo”.
Dopo la relazione, c’è stato tempo e spazio per degli interventi e il confronto tra i partecipanti. Sono state esposte esperienze vissute nel territorio e analizzati esempi concreti e vicini di comunicazione.
Il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri, delegato CESi per il settore, ha chiesto due impegni: il comprendere e l’agire. “C’è una crisi di identità, ma qual è l’identità della crisi? Non abbiamo ancora compreso la crisi che stiamo attraversando – ha detto – , che è soprattutto una rivoluzione antropologica. Comprenderla darà là chiave per agire, che è quello che è chiesto ai cristiani”.
Guidati dal direttore don Giuseppe Longo, i componenti della Commissione hanno espresso il desiderio e la necessità di percorrere insieme la strada delineata ad Assisi ed indicata espressamente dal vescovo: nel corso del prossimo incontro, a settembre, si discuterà di come lavorare alla lettura dei tempi e allo spazio e al modo di intervento che hanno in essi gli uffici deputati alla Comunicazione sociale delle Chiese locali.
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