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AGRIGENTO. CHIESA IN ASCOLTO: “REPORT CARITAS 2010-2014”

E’ stato presentato il Report Caritas 2010 – 2014. La Caritas diocesana rende noti i dati provinciali. Sono 2.000 le persone che si sono rivolte al Centro di ascolto diocesano in questi 5 anni di attività, 1.019 uomini e 981 donne, ma il sostegno e l’accompagnamento della Chiesa agrigentina è stato rivolto all’intero nucleo familiare, pertanto a circa a 8.000 persone.
In media il 69,43% delle persone incontrate è di cittadinanza italiana, mentre gli stranieri si attestano al 30,57%. 
Il Report nasce dal lavoro dell’Osservatorio diocesano per le povertà e le risorse, che ha il compito di elaborare i dati raccolti dai Centri di Ascolto Caritas (Cda) per offrire alla Chiesa diocesana un quadro complessivo delle sue fragilità e delle risorse, ed ha provato a sintetizzare cinque anni di ascolto del territorio (2010-2014), evidenziandone l’evoluzione sociale ed offrendo una sua lettura profetico-sapienziale.
Tutto ciò diviene possibile grazie ai Centri di Ascolto, luoghi in cui la strada e la Chiesa si incontrano e in cui le fragilità del singolo individuo divengono affare di una comunità che è chiamata a farsene carico, proprio come avviene in una famiglia.
Le informazioni raccolte dall’ascolto delle famiglie sono soprattutto utili per conservare memoria storica della situazione di partenza delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto, del percorso attuato per uscire dallo stato di bisogno e delle collaborazioni attivate per sostenerle.
I dati evidenziano come dal 2010 al 2014 ci sia stato un generale peggioramento della condizione socio-economica e professionale delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto: lo status più diffuso è quello di disoccupati (70,16%), seguono gli occupati (18,33%), i pensionati (5,09%), gli inabili parzialmente/totalmente al lavoro (2,07%) ed i casalinghi (1,65%).
Un aspetto non secondario, riscontrabile dalle storie delle persone che si sono rivolte al Cda, è che per le cosiddette “famiglie abituali”, cioè che regolarmente chiedono aiuto, la mancanza di un’occupazione è, spesso, solo la punta dell’iceberg di una serie di disagi di varia natura (difficoltà relazionali, familiari, giudiziarie, etc).
La tipologia di intervento prevalente è rappresentata dall’erogazione di sussidi attraverso il  pagamento di servizi (utenze, tasse, affitti) (32,36%). Non indifferenti sono le percentuali riconducibili ai coinvolgimenti (27,65%). Seguono poi gli interventi relativi ai beni materiali (9,42%), consulenze (8,51%) e orientamento (8,37%). 
Esiste un consistente squilibrio tra il numero complessivo delle richieste e quello degli interventi specie nelle ipotesi di richieste di sussidi economici, lavoro e beni/servizi materiali. Nel caso di sussidi economici, malgrado anche tra gli interventi figurino al primo posto, lo scarto rispetto alle richieste è sostanziale. Tale aspetto è spiegato con il fatto che per il Cda della Caritas diocesana di Agrigento non sempre è possibile, o opportuno in un’ottica di educazione alla sobrietà e alla possibilità di mantenere uno stile di vita dignitoso, far fronte a queste richieste.
Significative sono le percentuali registrate per gli interventi riguardanti i “coinvolgimenti” che, oltre a riflettere la metodologia del lavoro di rete, rispondono alle finalità pastorali di accompagnamento e di sostegno delle famiglie in difficoltà. Il coinvolgimento delle parrocchie e dei gruppi ecclesiali risulta in media il 63,10% ed è aumentato nel corso degli anni grazie alla sensibilizzazione e all’apertura dei Centri di ascolto parrocchiali. 
“La Caritas ha una funzione prevalentemente pedagogica –dichiara il direttore del Centro per la Carità dell’Arcidiocesi di Agrigento, Valerio Landri – Ascoltare è il primo modo per dire al povero che ci interessa come persona e non come somma di bisogni, che anche lui è una ricchezza per noi, che dalla sua storia anche noi possiamo imparare qualcosa per la nostra vita. Questo ci mette in movimento, per usare la nostra creatività, sensibilità, intelligenza e tutte le nostre competenze perché si possa concretizzare il progetto di una comunità in cui ciascuno può trovare posto.
Questo vuol dire sostenere ed accompagnare, cioè farsi prossimo, evitando il rischio di sostituirsi alla persona in ciò che questa può fare con le proprie risorse, per non deresponsabilizzarla, ma anzi perché partecipi attivamente al processo di risoluzione delle sue difficoltà”. [01]
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