Pubblicato il

MAZARA DEL VALLO. “IO, CARABINIERE E MISSIONARIO, VI RACCONTO GLI IMMIGRATI”

L’immigrato è anche un emi­grato, che sta affrontando quello che è stato de­finito un “trauma migratorio”. Così Mariella Spoto scrive nella prefazione di “Vite Annegate”, il libro del maresciallo dell’Arma Roberto Rapisarda che sarà presentato oggi, domenica 5 maggio, alle ore 21, nell’atrio del Palazzo vescovile di Mazara del Vallo. Si tratta del secondo appuntamento della rassegna “Libri d’a…mare”, organizzata dal Cemsi, con la collaborazione di Libridine e dell’associazione culturale “Amici di Michele Napoli” di Marsala. Nel salotto allestito nell’atrio, Rapisarda converserà con Maria Pia Sammartano.

Quello di Roberto Rapisarda è un rapporto davvero particolare con gli immigrati, nonostante il suo lavoro. A Lampedusa, dove Roberto Rapisarda è stato per sette anni maresciallo della locale stazione, ha toccato con mano, la sofferenza umana, quella vera, quella che non immagini nemmeno possa esistere. “Il cittadino che vive l’intera sua esistenza in un’isola, quale appunto Lampedusa, beneficia senz’altro del fatto che la sua terra è inevitabilmente meno inquinata da tutti quei fenomeni negativi che invece, contaminano le nostre “moderne” città. Ma quando poi oltre a vivere in un’isola in mezzo al mare, sei anche un pescatore e passi gran parte della tua vita al centro del Mediterraneo, lontano anche dalla tua isoletta, ecco allora che quei fenomeni negativi, puoi non conoscerli del tutto e mantenere un animo assolutamente lindo. È questo il tipo di lampedusano che io conosco. Gente discreta, semplice, dai comportamenti umili, saggia in alcuni casi, di non comune generosità e con un elevato senso di amor di Patria”.

Il maresciallo autore di “Vite Annegate” è stato anche protagonista di missioni umanitarie nei Paesi poveri dell’Africa. Una delle sue ultime missioni diciassette giorni a Mbweni, poverissimo villaggio situato a Nord di Dar Es Salaam, ex capitale della Tanzania. Come volontario ha dato il suo contributo a favore di 104 bambini orfani ospiti del Villaggio della Gioia. «È indescrivibile l’emozione che si prova nel vedere quei bambini felici sebbene siano così poveri – spiega Rapisarda – da non possedere altro che una collanina del Santo Rosario in plastica, loro donata all’atto del battesimo. Come descrivere l’emozione che si prova nel vederli sorridere per il solo fatto di aver appena ricevuto 4 biscotti secchi. E come descrivere la gioia che si prova nel vederli pregare, cantare, ricambiare l’affetto del loro grande papà Padre Fulgenzio. È tutto bellissimo e lontano dalla nostra cultura, se di cultura si può parlare, dal momento che noi occidentali, non siamo più capaci di gioire delle cose semplici”. Ed ancora Rapisarda: “L’Africa ha bisogno di tutti noi e noi dei nostri fratelli africani, oggi più che mai per risolvere in parte, gli attuali problemi internazionali. Semplicemente perché l’uomo ha bisogno dell’uomo. Per esempio per risolvere il problema dell’immigrazione non bisogna pensare e chiamare l’uomo profugo, clandestino, rifugiato, poveraccio, disperato, ma bisogna iniziare a pensare a quelle persone con umiltà, solidarietà e carità trattandole da esseri umani. L’unico modo giusto di chiamarli”. [01]

ULTIME NEWS