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RAGAZZI STRANIERI: “MENO SOLI E PIU’ IUS SOLI”

La possibilità di professare liberamente la propria religione a scuola è un tema che divide gli studenti: è quanto emerge dalla ricerca, presentata a Ragusa, “Ragazzi stranieri in Italia: meno soli e più ius soli”, iniziativa delle Caritas di Ragusa e Noto realizzata coinvolgendo scuole medie, istituti professionali e licei locali, tramite la somministrazione di un questionario a cui hanno risposto 493 studenti (di cui 470 di nazionalità italiana). Il 57% degli intervistati si è dichiarato favorevole alla possibilità che i ragazzi stranieri possano professare liberamente a scuola la propria religione, ma cresce il numero degli “ostili cronici” agli stranieri, da una media di 15/20 a circa 60. “Su questa questione assistiamo ad una maggiore polarizzazione delle posizioni”, commentano i curatori della ricerca: “Sicuramente quello religioso è un argomento delicato che apre quesiti che andrebbero approfonditi con ricerche ad hoc”. Altro tema scottante è l’opinione che hanno gli studenti sulla possibilità che i ragazzi stranieri “possano portare il terrorismo in Italia”. La maggioranza del campione, il 59%, si dichiara non d’accordo con questa affermazione, mentre 1 intervistato su 4 pensa di sì. “E’ una sensibilità condizionata dai media che amplificano un fenomeno in realtà al momento poco presente in Italia”, sottolinea la ricerca. Mentre il 72% degli studenti pensa (erroneamente) che chi nasce e studia in Italia sia cittadino italiano (come prevederebbe la legge sulla cittadinanza non approvata dal Senato) c’è polarizzazione anche sull’eventualità di un diritto di voto agli stranieri: il 27% dei ragazzi intervistati si dice preoccupato per la perdita di identità degli italiani, il 25% invece no. “Esiste il timore di vedere cambiare i rappresentanti politici e che i nuovi non facciano più i nostri interessi – si legge nella ricerca -, a discapito della nostra identità”.
Solo il 3% degli studenti intervistati dalla ricerca delle Caritas di Ragusa e Noto “Ragazzi stranieri in Italia: meno soli e più soli” manifesta un atteggiamento di ostilità e intolleranza aperta nei confronti dei coetanei stranieri. Il 31% si colloca in una fascia di intolleranza bassa e il 66% di intolleranza media. Si conferma una maggiore tolleranza delle femmine e presso i licei rispetto ai maschi e agli istituti professionali. Il 69% degli intervistati dichiara di non avere difficoltà a fare amicizia con gli stranieri, l’85% si dice contrario alle classi differenziate e l’85% si dichiara favorevole alle pari opportunità “di avere successo nella vita”. Tra le domande nel questionario somministrato a 493 studenti (di cui 470 di nazionalità italiana), alcune riguardavano la preferenza dei genitori nei confronti di amici o fidanzati stranieri. Più della metà dei ragazzi pensa che i propri genitori “mostrerebbero grande apertura per l’amicizia verso ragazzi stranieri” ma sul fidanzamento si evidenziano “resistenze e perplessità”: il forte disaccordo dei genitori rispetto ad un fidanzamento è indicato dal 20% del campione, solo il 24% pensa che i genitori sarebbero favorevoli, il resto manifesta incertezza e ambivalenza rispetto al tema. Anche rispetto alla domanda se i ragazzi stranieri siano soggetti a discriminazioni a scuola il campione si è mostrato diviso, con 1 su 4 tra gli “indecisi”  e solo il 17% che si dichiara convinto “che la discriminazione a scuola non è per nulla presente”.  Riguardo alla domanda se “I ragazzi stranieri compiono atti di bullismo all’interno delle scuole” il 57% sostiene di no, il 26% è in una posizione di incertezza, il 17% pensa di sì. Esiste poi una grande differenza tra scuole medie, licei e istituti professionali: in questi ultimi, dove sono più maschi stranieri, la percezione del bullismo da parte dei ragazzi stranieri sale al 30%.
Nelle note conclusive della ricerca delle Caritas di Ragusa e Noto “Ragazzi stranieri: meno soli più ius soli”, Walter Nanni, responsabile dell’Ufficio studi di Caritas italiana, afferma che “Il processo di radicamento delle famiglie e delle seconde generazioni si è talmente sviluppato che sono gli stessi  ragazzi stranieri, nati o vissuti a lungo in Italia, a considerare la prospettiva dell’acquisizione della cittadinanza come qualcosa di naturale, utile e significativo per la loro vita di tutti i giorni”. La parte della ricerca più qualitativa – realizzata direttamente dagli studenti di due scuole del ragusano  – ha riunito i ragazzi stranieri in due “World café”, una sorta di focus group innovativi durante i quali i giovani rispondono a domande divertendosi. E’ emerso che molti di loro conducono ogni giorno una “doppia vita”: si sentono italiani fuori delle mura domestiche mentre in casa entrano nel contesto sociale e culturale dei genitori. Tutti però affermano che la cittadinanza è “l’unico aspetto che manca loro per sentirsi italiani”. Il voto che attribuiscono alla loro italianità è infatti alto, in media 8 (su un massimo di 10). “In altre parole – conclude Nanni -, la dimensione legislativa del dibattito si è arricchita di quella componente sociale e motivazionale che era quasi del tutto assente in passato, e che rende la prospettiva più concretizzabile, in quanto sono gli stessi diretti protagonisti, e non le associazioni di advocacy e assistenza che per lunghi anni si sono attivate su questo fronte, a percepire l’acquisizione della cittadinanza come un qualcosa di desiderabile, in quanto diritto auspicato ma negato nei fatti”. Da anni Caritas italiana è tra le realtà che propongono un intervento legislativo che conceda la cittadinanza alle seconde generazioni. La proposta delle Caritas di Ragusa e Noto è andata proprio in questa direzione: “Una ricerca articolata, scientificamente credibile – spiegano Giorgio Abate, responsabile immigrazione Caritas Noto, e Vincenzo La Monica, responsabile immigrazione Caritas Ragusa -, per sondare svariati aspetti della questione e fornire strumenti validi ai decisori locali e all’opinione pubblica per rilanciare il dibattito sulla cittadinanza per tutti quei ragazzi italiani de facto ma stranieri de iure”.
Cosa sarebbe accaduto in Sicilia e, nello specifico nella provincia di Ragusa, se la legge sulla cittadinanza agli stranieri secondo lo ius soli e ius culturae fosse stata approvata? In Sicilia ci sarebbero circa 11.000 nuovi cittadini italiani (di cui 7.800 in quanto figli di lungo soggiornanti e il resto per ius culturae). E negli anni successivi circa 3.000 giovani ogni anno acquisirebbero la cittadinanza italiana. A Ragusa sarebbero invece 2.000 e 600 ogni anno. E’ uno dei dati che emergono dalla ricerca “Ragazzi stranieri in Italia: meno soli e più ius soli”, voluta dalle Caritas di Ragusa e Noto e realizzata coinvolgendo gli istituti scolastici locali. Una ricerca condotta con metodi innovativi e sperimentali, tra cui due “world café” con ragazzi stranieri di seconda generazione.  Riguardo al focus su Ragusa si rileva che anche se le acquisizioni di cittadinanza salirebbero moltissimo (sono state 316 nel 2016), l’impatto sulla popolazione generale sarebbe inizialmente solo dello 0,6%,  e dopo il primo anno appena lo 0,2%. [01]
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