Papa Francesco, domenica 29 maggio, rivolgendosi ai diaconi che celebravano il loro giubileo in Piazza S. Pietro, mentre commentava le letture bibliche della IX domenica del Tempo Ordinario, citando Policarpo di Smirne che nel I secolo d. C. scrive ai Filippesi, li ha esortati a imitare Cristo, che si è fatto diacono di tutti.
Come in Evangelii Gaudium aveva legato inscindibilmente i termini discepolo e missionario, così in quest’omelia lega i termini apostolo e servitore come le due facce “di una stessa medaglia”. Chi annuncia Gesù, infatti, è chiamato a servire e chi serve annuncia Gesù.
A che cosa deve ambire il diacono?
La riflessione di don Calogero Cerami, direttore del Centro Madre del Buon Pastore per la formazione permanente del clero e i commenti e le testimonianze dalle diocesi della Sicilia.
Papa Francesco, domenica 29 maggio, rivolgendosi ai diaconi che celebravano il loro giubileo in Piazza S. Pietro, mentre commentava le letture bibliche della IX domenica del Tempo Ordinario, citando Policarpo di Smirne che nel I secolo d. C. scrive ai Filippesi, li ha esortati a imitare Cristo, che si è fatto diacono di tutti.
Come in Evangelii Gaudium aveva legato inscindibilmente i termini discepolo e missionario, così in quest’omelia lega i termini apostolo e servitore come le due facce “di una stessa medaglia”. Chi annuncia Gesù, infatti, è chiamato a servire e chi serve annuncia Gesù.
A che cosa deve ambire il diacono?
A tenere l’omelia, ad amministrare il sacramento del battesimo o del matrimonio?
A che cosa deve ambire il diacono?
A scimmiottare i preti?
In realtà tutto ciò avveniva già nel III secolo, quando Origene nel Commento a Matteo parlando di coloro che amano avere i primi posti, fa riferimento ai diaconi, i quali “ambiscono appropriarsi i primi seggi visibili di coloro che sono chiamati presbiteri. Alcuni, poi, non contenti di ciò, smuovono mari e monti per farsi chiamare vescovi – cioè rabbi – dalla gente”. Questi, secondo Origene, hanno perso l’orientamento; la loro bussola non è più il vangelo, ma il carrierismo e il protagonismo. Il Papa, poi, molto esplicitamente, ha chiesto ai diaconi e ai presbiteri di non essere schiavi dell’agenda e dei programmi, così come in realtà aveva ripetuto ancora più chiaramente nel discorso tenuto al Convegno Ecclesiale di Firenze. In quel contesto aveva parlato di due possibili tentazioni: lo gnosticismo e il pelagianesimo. Quest’ultimo spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata, perché porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette. La norma, infatti, dà al pelagiano la sicurezza di sentirsi superiore, di avere un orientamento preciso.
Chi pianifica sempre tutto ed è schiavo dell’agenda, non è aperto “alle sorprese quotidiane di Dio”. Il diacono, quindi, è chiamato ad essere disponibile, mite, orante.
“Il servitore sa aprire le porte del suo tempo e dei suoi spazi a chi gli sta vicino e anche a chi bussa fuori orario, a costo di interrompere qualcosa che gli piace o il riposo che si merita. Il servitore trascura [va oltre] gli orari”.
Con queste parole il Papa ha esortato ad aprire le porte, sia in senso temporale che spaziale, a chi bussa. Non ha parlato solo delle porte del tempo, ma anche delle porte dello spazio. Ciò significa che non è possibile esercitare il ministero diaconale in un luogo “altro” rispetto a quello della residenza anagrafica. Il Papa, infatti, non ha parlato solo delle porte della chiesa, ma delle porte del servitore, delle porte della parrocchia, delle porte della casa. Il ministero diaconale, quindi, non può limitarsi al servizio liturgico in una chiesa, ma esige la disponibilità ad aprire la propria porta a qualsiasi orario e non solo in alcuni giorni della settimana. L’assenso che la moglie del diacono è chiamata a dare durante la liturgia di ordinazione esige anche questa disponibilità ad aprire la porta della propria casa a qualsiasi orario. In questo modo si può parlare di vera diaconia familiare ed ecclesiale.
A partire da queste considerazioni, a me pare che il ministero del diacono, oggi, debba essere ripensato.
don Calogero Cerami
Direttore del Centro Regionale
per la Formazione Permanente del Clero
“Madre del Buon Pastore”
PARROCCHIE APERTE
Reazioni, commenti e testimonianze
CATANIA
Don Notari (Crocifisso dei miracoli), “punto di riferimento per la comunità”
“Abbiate il coraggio di andare oltre gli orari”, ha detto domenica il pontefice nella sua omelia, rivolgendosi ai diaconi. Un pensiero condiviso dal gesuita don Gianni Notari, parroco della chiesa “Santissimo Crocifisso dei Miracoli” nella centrale via Umberto a Catania. “La nostra parrocchia ha fatto tre scelte: attenzione al mondo universitario (con la creazione di un’aula studio, a cui fanno da corredo altre attività), alla famiglia e ai poveri”. Per incontrare le esigenze dei più bisognosi, i Gesuiti catanesi che gestiscono la chiesa hanno istituito uno spazio per i senza fissa dimora, e offrono un’accoglienza continua ai migranti tramite il Centro Astalli. “Vogliamo essere un’oasi di misericordia all’interno della comunità – sottolinea don Notari – facendo sperimentare la vicinanza di Gesù che accoglie e ridà dignità”. Opera impossibile senza i circa cento collaboratori laici a sostegno dell’Ordine religioso nella città catanese. La presenza della parrocchia sul territorio si esprime anche in diverse iniziative collaterali, fra cui l’ “Umbertata”, giunta quest’anno alla sua quinta edizione. Una vera e propria “festa” promossa dalla chiesa “Santissimo Crocifisso dei miracoli” per vivere la storica piazza catanese in maniera gioiosa, nella gratuità e nella condivisione. “Un’iniziativa laica che ogni anno movimenta più di 1000 persone – puntualizza don Notari – facendo toccare con mano la possibilità di vivere una città diversa”.
CALTAGIRONE
Diacono Gurrisi: “impegno corale di sacerdoti, diaconi e laici”
“La vigna non può avere recinti, nemmeno quelli che impone lo scorrere naturale del tempo. Ma per una apertura che sia efficace occorre il coinvolgimento anche dei laici, innanzitutto nel disbrigo delle faccende burocratiche”. Così Giovanni Gurrisi, della diocesi di Caltagirone e referente dei diaconi per la metropolia di Catania, commenta l’invito del Papa a tenere le chiese aperte. “Nella parrocchia nella quale sono a servizio, la chiesa madre di Ramacca, gli orari sono assolutamente relativi – spiega Gurrisi -, ma questo può avvenire solo se l’impegno è corale: sacerdoti, diaconi, laici. Se manca una sola di queste forze o se queste non lavorano in sinergia si rischia chiudere a chi ha bisogno”.
Mons. Pedi (Seminario), “i sacerdoti devono farlo per primi, ma non da soli”
“La formazione dei futuri sacerdoti non può prescindere da tutto ciò che già sappiamo, ma che il Papa con sollecitudine ci ricorda ad alta voce: il nostro essere cristiani si nutre di sacramenti e preghiera, ma accanto alla catechesi e alla liturgia dobbiamo dare spazio alla carità”. Così monsignor Umberto Pedi, direttore spirituale del seminario di Caltagirone, in risposta alle parole del Papa che ha invitato “il servitore” ad aprire “le porte del suo tempo e dei suoi spazi a chi gli sta vicino e anche a chi bussa fuori orario, a costo di interrompere qualcosa che gli piace o il riposo che si merita”. “Se pensiamo alla parabola della pecorella smarrita e vogliamo attualizzarla – aggiunge -, magari dovremmo invertire le proporzioni: una sola è nell’ovile mentre le altre novantanove aspettano di essere raggiunte”. “Essere ‘parrocchia aperta’ – osserva mons. Pedi – vuol dire prendersi cura, mettersi accanto, cuore a cuore con chi ha bisogno. E i sacerdoti devono farlo per primi, ma non da soli: i diaconi devono essere mani e piedi e occhi del vescovo e del parroco”.
MESSINA
Mons. Tavilla (Santa Caterina Vergine e Martire), “i fedeli sanno di poter contare qui di una presenza a tempo pieno”
“Chiesa dalle porte aperte”. È l’invito che dal 21 novembre 2015 monsignor Giò Tavilla, parroco chiesa Santa Caterina Vergine e Martire di Messina, giornalista, consulente ecclesiastico dell’Ucsi di Messina e direttore del mensile diocesano “La Scintilla”, ha messo alle porte della chiesa ubicata nel cuore della città dello Stretto. Un invito, adesso, che viene sostenuto dall’appello di Papa Francesco sulle parrocchie aperte. “Come sempre il Papa si rivolge a noi sacerdoti con grande determinazione”. “Le nostre parrocchie debbono essere sempre aperte – ha detto monsignor Giò Tavilla – ma dobbiamo fare dei distinguo circa il contesto geografico. Ci sono parrocchie di estrema periferia dove è possibile stare aperti fino a un certo orario, perché dopo nessuno entra nelle nostre chiese. Io nella mia parrocchia da quando sono arrivato la prima cosa che ho fatto è modificare l’orario apertura. La mattina la chiesa rimane aperta dalle 8 alle 12 e, dopo una breve pausa, tutto il pomeriggio fino a tarda sera. Durante questi momenti, oltre la celebrazione eucaristica, svolgiamo diverse attività pastorali. Con la modifica dell’orario abbiamo avuto un incremento di visite è favorito la crescita delle confessioni. Tantissimi fedeli sono entrati per pregare e stare davanti a Gesù Sacramento. I fedeli della mia parrocchia sanno di poter contare sulla presenza a tempo pieno”.
NOTO
Don Cerruto (Pozzallo), “coincidenza fra società civile e comunità cristiana”
“Cerchiamo di rispondere all’invito del Papa con l’impegno quotidiano”. Così don Salvatore Cerruto, parroco delle chiese “Madonna del Rosario” e “San Giovanni Battista” di Pozzallo (nella diocesi di Noto), descrive l’attività ecclesiale nel suo territorio, caratterizzato negli ultimi anni dai continui sbarchi di migranti. “Ciò ha indubbiamente inciso sul nostro lavoro – conferma – imponendoci di dare un aiuto concreto agli stranieri bisognosi, che spesso bussano alle nostre porte chiedendoci da mangiare e soprattutto un luogo in cui dormire, senza nulla togliere ai tradizionali centri di accoglienza”. Oltre a questo servizio – fornito in collaborazione con la fondazione Migrantes – la parrocchia si distingue per gli incontri di pastorale giovanile, familiare e sanitaria, garantiti anche grazie ai volontari. “Abbiamo un servizio Caritas in ciascuna delle due parrocchie, e un nutrito gruppo di circa 400 bambini che frequentano il catechismo”, racconta don Cerruto. “Più in generale – dice – a Pozzallo c’è una bella coincidenza fra società civile e comunità cristiana, testimoniata dal confronto continuo con le istituzioni”. Nelle prossime settimane è previsto un altro appuntamento importante per la parrocchia: l’apertura di un Centro studi mediterraneo per la formazione degli operatori che si occupano di migranti.
Don Sultana (Madonna del Carmine), “tutti i parroci dovrebbero abitare la casa canonica”
“Abbiate il coraggio di andare oltre gli orari”. Un pensiero che non ha sorpreso don Rosario Sultana, parroco della chiesa Madonna del Carmine della diocesi di Noto e direttore della Pastorale diocesana giovanile. “È un’esperienza che abbiamo sperimentato in questi anni – spiega il sacerdote – raccogliendo consensi. Poi abbiamo allungato l’orario di apertura, dalle venti all’una, in occasione dell’Infiorata che si svolge, ogni anno, nel periodo di Maggio a Noto. Abbiamo notato la presenza di tantissimi turisti e concittadini che pregano e sostano davanti al Tabernacolo. La nostra parrocchia ha programmato per i visitatori una catechesi mistagogica, attraverso un percorso che illustra le opere d’arte presenti all’interno della chiesa e parli di Dio. Noi abitiamo nella casa canonica, ma penso a tantissime parrocchie in cui il parroco abita in un’altra struttura. Tutti i parroci dovrebbero fare la scelta di abitare la casa canonica”.
PALERMO
Don Campino (SS. Salvatore), “il miracolo dell’adorazione eucaristica perpetua”
Campino è il parroco della chiesa “Santissimo Salvatore” di corso dei Mille a Palermo, la parrocchia di origine di don Pino Puglisi, dove il sacerdote ucciso dalla mafia è cresciuto e ha vissuto i suoi primi 4 anni di sacerdozio. Dall’ottobre 2013 ha iniziato l’esperienza dell’adorazione eucaristica perpetua, in cui sono coinvolte più di 200 persone. “La nostra chiesa – spiega don Campino, commentando le parole pronunciate domenica dal Papa – resta aperta senza interruzioni tutti i giorni e tutte le notti, anche a Ferragosto e a Capodanno, grazie al contributo determinante dei laici, perfettamente organizzati con una turnazione rigorosa a cui io, unico sacerdote, faccio da supervisore”. A ciò si accompagnano le attività tradizionali della parrocchia, che comprende, tra gli altri, gli Scout, i Focolarini, la Caritas, l’Azione cattolica (il gruppo più numeroso della diocesi). A breve è prevista inoltre l’apertura di una mensa per i poveri. L’adorazione perpetua resta per don Campino “il vero miracolo”, perché “attira un flusso continuo di fedeli e tantissima gente che magari non metteva piede in chiesa da anni”. “Anche nei giorni feriali – prosegue – la parrocchia pullula di gente come nei giorni festivi, e perfino nel mese di agosto, in cui tradizionalmente si svuotava”. La differenza rispetto al passato si vede, a partire dalle confessioni, in continuo aumento.
Don Lupo (Maria SS della lettera), “oasi di pace nel trambusto quotidiano”
“I fedeli hanno bisogno di trovare le chiese aperte e stare con Gesù. Chiedono delle piccole oasi di pace nel trambusto quotidiano, e noi sacerdoti dobbiamo impegnarci a garantirle”. Sono le parole di don Marco Lupo, parroco da più di sette anni della chiesa “Maria Santissima della lettera” di Palermo, situata in una delle zone più difficili del capoluogo siciliano. Commentando l’invito di papa Francesco, il prete siciliano racconta con gioia l’esperimento dell’adorazione eucaristica perpetua messo in atto da febbraio nella sua parrocchia. “Allo stato attuale – chiarisce – ci sono almeno due persone per ogni ora che mi aiutano a tenere aperta la chiesa, permettendo a tutti di potersi raccogliere in preghiera. Pur vivendo in un quartiere difficile, non è mai successo nulla di spiacevole, neanche di notte; anzi, mi piace pensare che, aumentando l’amore per Dio, diminuiscano le situazioni negative del quartiere”. L’apertura si traduce in un accompagnamento più ampio dei fedeli, che va dall’oratorio per i bambini agli incontri spirituali per gli adulti, fino al lavoro del centro Caritas, a cui si appoggiano circa 120 famiglie bisognose, aiutate nel pagamento del canone d’affitto, delle bollette e della spesa alimentare.
SIRACUSA
Don Magro (Sacra Famiglia), “una risposta a tutti pure nelle difficoltà”
Da quando sono stato nominato parroco dell’ex cattedrale di Lentini, parrocchia Santa Maria La Cava e Sant’Alfio, ho aperto la chiesa nelle ore notturne per dare ai fedeli la possibilità di visitare Gesù Eucaristia. Oggi continuo questa esperienza nella parrocchia Sacra Famiglia in Siracusa”. Lo afferma don Claudio Magro, parroco della chiesa Sacra Famiglia di Siracusa e assistente spirituale della Coldiretti provinciale, il quale ha accolto con grande entusiasmo l’invito rivolto da Papa Francesco sull’apertura delle porte delle parrocchie. “Il Papa – aggiunge don Claudio – invita tutti a profittare del Giubileo per varcare la porta della misericordia. Noi siamo una parrocchia di periferia, quella esistenziale, e diamo una risposta a tutti pure nelle difficoltà”.
AGRIGENTO
La testimonianza dei laici: “Le chiavi della parrocchia nello stesso mazzo delle chiavi di casa”
“Non è solo una questione di orario, ma soprattutto di cuore”. Da Agrigento è la corale Madonna della Provvidenza, dell’omonima comunità dei Guanelliani, a commentare l’invito del Papa ad essere “aperti” al di là di orari e ruoli. “Certo è più semplice dove a servire la comunità parrocchiale è una comunità religiosa: da noi la chiesa chiude solo ad ora di pranzo, così l’oratorio e il circolo anziani. Ma – spiega Piera Maria Vella, insegnante di sostegno che, oltre ad essere impegnata nella corale, impegna tre pomeriggi alla settimana nella segreteria della parrocchia – conterebbe ben poco trovare una porta aperta se poi non si fosse accolti con disponibilità e umanità, magari con un sorriso e senza superficialità”. Il gruppo di animazione liturgica raggruppa uomini e donne di età diversa, impegnati in gruppi e movimenti differenti, “sintesi di una parrocchia aperta e operosa”. “Non si tratta solo di cantare – aggiunge Vella – ci sono Cettina e Pippo Zambuto che animano i funerali; Loredana e Vito Alagna che accolgono e accompagnano coppie nuove, sperimentate o in crisi; Lillina e Michele Alletto, genitori di un sacerdote, che svolgono il servizio all’altare e che si occupano delle pratiche burocratiche ed economiche; Angela e Bruno Sanfilippo che si occupano della Caritas; Rosetta, Francesca e Antonella che si occupano di catechesi, i ministri straordinari dell’eucaristia e così via. È bello dirne i nomi perché aiuta a capire che si tratta di persone assolutamente ‘normali’ che ‘vivono’ la parrocchia accanto ai sacerdoti e ai ministri, in corresponsabilità. Molti hanno addirittura le chiavi della parrocchia nello stesso mazzo delle chiavi di casa”. È dalle fila della corale che la parrocchia ha potuto sperimentare l’accoglienza improvvisa e prolungata dei migranti: “I tre sacerdoti dell’Opera don Guanella sono stati i primi ad essere impegnati in tutti gli ambiti, dall’accoglienza, alla cucina e fino alla pulizia dei servizi. Da don Aldo Mosca e dai suoi confratelli abbiamo preso esempio per metterci al servizio, senza protagonismi, senza orologi ai polsi. Come Dio ci vuole e come Papa Francesco ci incoraggia ad essere”.
di Giorgio Infantino
Il Giubileo è sostanzialmente un dono che parte dall’iniziativa salvifica di Dio per il suo popolo e si traduce in «Anno di misericordia», in «Anno di grazia». È un prolungato e intenso invito alla santità, un a...
di Giuseppe Firenze
Motivato circa il rinnovamento delle associazioni laicali, così nella corretta gestione e purificazione di devozioni, delle feste religiose, processioni e nel rispetto delle immagini sacre, nella totale umiltà e servizio ...
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