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QUANDO LE GIOVANI PERSONE STRANIERE RIMANGONO SOLE…

Quando i minori restano soli, tocca alle famiglie aprirsi alla vita e all’accoglienza. Su questo tema è intervenuta al Convegno regionale dell’Ufficio per la Famiglia della Conferenza Episcopale Siciliana Maria Francesca Pricoco, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. Nel suo intervento non soltanto uno strumento di conoscenza delle normative e di riflessione, ma anche il supporto dei dati e la speranza data dagli esempi concreti di gruppi di famiglie che si aprono all'accoglienza e alla vita.

Quando i minori restano soli, tocca alle famiglie aprirsi alla vita e all’accoglienza. Su questo tema è intervenuta al Convegno regionale dell’Ufficio per la Famiglia della Conferenza Episcopale Siciliana Maria Francesca Pricoco, Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania. “Cominciamo con il capire di chi parliamo: persone, di età minore, stranieri. Ed aggiungiamo le parole: giustizia, famiglia, speranza. Come giudice minorile vi parlo della giustizia, non come carità o servizio meramente di assistenza e accoglienza, ma come riconoscimento dei diritti, e in particolare della dignità delle persone straniere di età minore. Nell’ambito dell’attività del Tribunale – ha detto – ci occupiamo di tutela, del riconoscimento di diritti volti ad affermare la dignità di queste persone ancora in crescita e quindi particolarmente vulnerabili rispetto alla categoria in genere delle persone straniere. Persone di età minore che necessitano di un apparato giudiziario e di un sistema di diritti e di strumenti di applicazione della legge che siano mirati a questo scopo”.

Nel corso dell’intervento, i dati supportano le parole. “Le persone minori di età, in Italia, arrivano con genitori regolari o possono essere accompagnati da genitori irregolari, senza i permessi di legge. Ma ci sono anche minori stranieri che sono entrati in nel territorio italiano per adozione, come ancora ci sono persone minori straniere non accompagnate, senza genitori e parenti. Quest’ultima categoria ha dati rilevanti: in Italia nel 2014 sono entrati circa 9 mila tra bambini e ragazzi, quasi 6 mila sono arrivati in Sicilia. Ancor più nel dettaglio, i dati del Ministero delle Politiche sociali dicono che in questo momento abbiamo sull’isola 4.194 minori stranieri non accompagnati, contro i circa mille presenti in Puglia. Nelle altre regioni sono nell’ordine delle centinaia. Se pensiamo in percentuale, in questo momento in Italia i minori sono il 16% della popolazione, e di questo il 10% è costituito da stranieri. Come non considerare allora la loro presenza una ricchezza, un’occasione non solo per svecchiarci, ma anche per allargare il nostro orizzonte? Come non farla essere opportunità di stimolo, di spinta al confronto e alla crescita che ne consegue?

Dunque – per Maria Francesca Pricoco – la questione dell’ingresso di minori stranieri non accompagnati non può considerarsi più un’emergenza o una questione eccezionale: stiamo registrando un continuo flusso di stranieri che entrano nel nostro territorio. Questo significa che il fenomeno è ormai ordinario, costante, e tale da richiedere misure adeguate.

Il problema è la mancanza di una legislazione unitaria e organica che riguarda l’iter procedurale e l’individuazione del giudice competente: il Tribunale per i minorenni di Catania sta facendo un’esperienza interpretativa della legge, individuando e mettendo insieme quelle che sono le norme della legislazione nazionale per i minori in genere e, quindi, anche per gli stranieri. Stiamo cercando di individuare, sotto il profilo interpretativo e sempre nel rispetto dei principi della Costituzione, un iter procedurale che, a seconda anche dell’età del minore, porti all’affido o in casi estremi all’adozione per i più piccoli. In generale  – dice l’esperta – dobbiamo garantire un accompagnamento educativo del minore perché si avvii quel processo di integrazione sociale indispensabile per trasformare il permesso di soggiorno ottenuto per minore età in un permesso per integrazione sociale. Per farlo deve esserci un progetto, una speranza e un futuro”.

Concretamente le normative prevedono strutture capaci di accompagnare le persone straniere in questo percorso. “Dal momento che la legge prevede che il minore sia messo in sicurezza immediatamente – spiega la giudice Pricoco -, nascono le comunità di prima accoglienza dedicate ai minori che arrivano via mare. Poi le comunità di seconda accoglienza, dove si attiva un processo educativo di integrazione. Ma oggi si registra una sensibilità maggiore delle famiglie, luogo di crescita ed accompagnamento per eccellenza, considerato anche dalla legge uno degli strumenti più efficaci a tutela dei minori. Prendere in affidamento una persona minore straniera, però, è una cosa delicata: non è come generare un figlio naturale! Chi viene da situazioni di povertà, degrado, violenza, abbandono, maltrattamento … richiede attenzioni e cure maggiori e di conseguenza un maggiore impegno. Spesso i minori stranieri sono ragazzi un pochino più grandi, che richiedono una dedizione particolare. Nel nostro territorio si sta diffondendo un’idea veramente forte di accoglienza, di accettazione dell’altro e nello specifico dello straniero che arriva da fuori e ci si impegna per la comprensione vera dei bisogni dell’altro. Da qui partono le aggregazioni di famiglie che si rendono disponibili all’affidamento delle persone straniere minori, al di là dell’età e anche per periodi brevi”.

In Sicilia ci sono esempi concreti di speranza. “A Siracusa, ad esempio, si è costituito un gruppo di famiglie che stanno già sperimentando questa esperienza molto profonda, mentre a Catania un altro gruppo vuol occuparsi di affidamento ed ha avviato la procedura necessaria. Chi chiede di perseguire l’esperienza proviene, spesso, da ambienti del privato sociale che hanno già sperimentato situazioni di disagio e difficoltà. Del resto affidatari non ci si può improvvisare, perché non si stratta di prendere qualcosa, ma di iniziare un processo di relazione educativa ed affettiva molto complessa e particolare”. [01]

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