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PAPA FRANCESCO A PALERMO. I LUOGHI DI DON PUGLISI E L’INCONTRO CON IL CLERO: “LE 3P DIVENTINO IN VOI PREGHIERA, PAROLA E PANE”

Il Papa ha visitato i luoghi del Beato Pino Puglisi. Nel luogo dove è stato ucciso dalla mafia, 25 anni fa, come segno di benvenuto sventolavano lenzuola bianche dai balconi. E’ questa la splendida “coreografia” che Papa Francesco – il primo Pontefice a mettere piede a Brancaccio – si è trovato di fronte, arrivato davanti alla casa-museo di “3P”, dopo aver cominciato il suo pomeriggio palermitano con una visita in forma privata alla parrocchia di San Gaetano, retta oggi da don Maurizio Francoforte. Anche questa è una “fotografia” di come sia cambiata la “periferia della periferia” palermitana, che il Papa ha anche avuto modo di incontrare, poco prima, per il pranzo, alla Missione Speranza e Carità di Biagio Conte in via Decollati, dove ha mangiato nella mensa con 1.500 persone, tra gli ospiti della missione, volontari, ex detenuti e immigrati. A Brancaccio, il Papa è entrato dunque per una visita strettamente privata nella parrocchia di San Gaetano e poi ha camminato anche in mezzo alla gente, passando prima davanti al famoso palazzo con la scritta: “Se ognuno di noi fa qualcosa, si può fare molto”, una delle frasi preferite di padre Puglisi. Appena giunto in macchina in piazza Anita Garibaldi, è stato salutato da un applauso e ha ricevuto in dono da una ragazza ospite del Cento Padre Nostro un cuscino di rose rosse che poi ha deposto sul luogo esatto del martirio di don Pino, dove si è raccolto in preghiera per qualche minuto, prima di fare il suo ingresso al civico n. 5, al primo piano, per visitare al riparo dalle telecamere la casa di “3P”. All’uscita della casa-museo, il Papa ha salutato i familiari di don Pino – tra cui i fratelli e i nipoti – oltre ad alcuni ospiti e volontari del Centro Padre Nostro e abitanti del quartiere. Infine, una sosta sotto la statua di don Pino.
Poi, in Cattedrale, ancora una sosta in preghiera davanti la tomba del sacerdote martire prima di parlare con il clero.
“Il prete è l’uomo del dono, del dono di sé, ogni giorno, senza ferie e senza sosta” ha detto. “La nostra, cari sacerdoti, non è una professione, ma una donazione; non un mestiere, ma una missione”, ha ricordato Francesco ai presenti, a cui ha chiesto di fare ogni giorno un “esame di coscienza” partendo da questo interrogativo: “Oggi ho dato la vita per amore del Signore, mi sono ‘lasciato mangiare’ dai fratelli?”. “Don Pino ha vissuto così”, ha fatto notare il Papa a proposito del primo dei tre verbi “celebrare” – che ha mutuato dalla testimonianza di “3P”: “L’epilogo della sua vita è stata la logica conseguenza della messa che celebrava ogni giorno”. Il sacerdote, inoltre, è uomo del perdono: “Non porta rancori, non fa pesare quel che non ha ricevuto, non rende male per male. Porta concordia dove c’è divisione, armonia dove c’è litigio, serenità dove c’è animosità. È ministro di riconciliazione a tempo pieno: amministra il perdono e la pace non solo in confessionale, ma ovunque”.
“Chiediamo a Dio di essere portatori sani di Vangelo, capaci di perdonare di cuore, di amare i nemici e di pregare per chi ci fa del male”, la proposta di Francesco: “La palestra dove allenarsi a essere uomini del perdono è il seminario prima e il presbiterio poi”, dove “va alimentato il desiderio di unire, secondo Dio; non di dividere, secondo il diavolo. Lì vanno accettati i fratelli e le sorelle, lì il Signore chiama ogni giorno a lavorare per superare le divergenze”. “Mettere zizzania, provocare divisioni, sparlare, chiacchierare non sono peccatucci che tutti fanno”, ha ammonito il Papa: “È negare la nostra identità di sacerdoti, uomini del perdono, e di consacrati, uomini di comunione. Sempre va distinto l’errore da chi lo commette, sempre vanno amati e attesi il fratello e la sorella”. “Pensiamo a don Pino, che verso tutti era disponibile e tutti attendeva con cuore aperto, pure i malviventi”, l’esempio da seguire. “Preghiera, Parola, Pane”: così Francesco ha coniugato le “3P” di padre Pino Puglisi, detto “3P”, “essenziali per ciascun prete ogni giorno”. Non è mancata una parola di apprezzamento sulla pietà popolare, “molto diffusa in queste terre” e definita da Francesco “un tesoro che va apprezzato e custodito”. A patto, però, di “vigilare attentamente, affinché la religiosità popolare non venga strumentalizzata dalla presenza mafiosa, perché allora, anziché essere mezzo di affettuosa adorazione, diventa veicolo di corrotta ostentazione. L’abbiamo visto sui giornali, quando la Madonna passa davanti la casa del boss e fa l’inchino. Questo non va assolutamente”.
“Accompagnare. È la chiave di volta dell’essere pastori oggi”. Così il Papa, durante l’incontro con, ha declinato il secondo verbo mutuato dalla testimonianza di padre Pino Puglisi, che è sepolto in una cappella della navata sinistra. “C’è bisogno di ministri che incarnino la vicinanza del Buon Pastore, di preti che siano icone viventi di prossimità”, l’invito di Francesco: “Poveri di beni e di proclami, ricchi di relazione e di comprensione”. Don Pino, ha fatto notare il Papa, “più che parlare di giovani, parlava coi giovani. Stare con loro, seguirli, far scaturire insieme a loro le domande più vere e le risposte più belle. È una missione che nasce dalla pazienza, dall’ascolto accogliente, dall’avere un cuore di padre e mai di padrone. La pastorale va fatta così, con pazienza e dedizione, per Cristo a tempo pieno”. “Don Pino strappava dal disagio semplicemente facendo il prete con cuore di Pastore”, ha sottolineato il Papa: “Impariamo da lui a rifiutare ogni spiritualità disincarnata e a sporcarci le mani coi problemi della gente. Andiamo incontro alle persone con la semplicità di chi le vuole amare con Gesù nel cuore, senza progetti faraonici, senza cavalcare le mode del momento. La via dell’incontro, dell’ascolto, della condivisione è la via della Chiesa”. Poi le modalità concrete da incarnare nella pastorale: “Crescere insieme in parrocchia, seguire i percorsi dei giovani a scuola, accompagnare da vicino le vocazioni, le famiglie, gli ammalati; creare luoghi di incontro dove pregare, riflettere, giocare, trascorrere del tempo in modo sano e imparare a essere buoni cristiani e onesti cittadini. Questa è una pastorale che genera, e che rigenera il prete stesso”. Non è mancata una parola per le religiose: “la vostra missione è grande, perché la Chiesa è madre e il suo modo di accompagnare sempre deve sempre avere un tratto materno”.
“La vita parla più delle parole. La testimonianza contagia” ha detto infine il Papa, declinando col clero l’ultimo verbo da lui scelto come simbolo dell’eredità di don Puglisi: testimoniare. “Nell’appartamento dove viveva Padre Pino risalta una semplicità genuina”, ha fatto notare Francesco evocando la sua visita di poco prima alla casa in piazza Anita Garibaldi: “È il segno eloquente di una vita consacrata al Signore, che non cerca consolazioni e gloria dal mondo. La gente cerca questo nel prete e nei consacrati”. “Davanti a Don Pino chiediamo la grazia di vivere il Vangelo come lui”, l’invito del Papa: “Alla luce del sole, immerso nella sua gente, ricco solo dell’amore di Dio. Si possono fare tante discussioni sul rapporto Chiesa-mondo e Vangelo-storia, ma non serve se il Vangelo non passa prima dalla propria vita. E il Vangelo ci chiede, oggi più che mai, questo: servire nella semplicità. Questo significa essere ministri: non svolgere delle funzioni, ma servire lieti, senza dipendere dalle cose che passano e senza legarsi ai poteri del mondo. Così, liberi per testimoniare, si manifesta che la Chiesa è sacramento di salvezza, cioè segno che indica e strumento che offre la salvezza al mondo”. “La Chiesa non sta sopra il mondo, ma dentro al mondo, per farlo fermentare, come lievito nella pasta”, ha ricordato Francesco chiedendo ancora una volta di bandire “ogni forma di clericalismo: non abbiano in voi cittadinanza atteggiamenti altezzosi, arroganti o prepotenti. Per essere testimoni credibili va ricordato che prima di essere preti siamo sempre diaconi; prima di esser ministri sacri siamo fratelli di tutti”.
“Lo scandalo per la gente è un prete mondano”, ha aggiunto a braccio: “Preti sì, funzionari no!”. “Anche il carrierismo e il familismo sono nemici da estromettere – l’altro monito del Papa – perché la loro logica è quella del potere, e il prete non è uomo del potere, ma del servizio. Testimoniare, poi, vuol dire fuggire ogni doppiezza di vita, in seminario, nella vita religiosa, nel sacerdozio”. “Non si può vivere una doppia morale: una per il popolo di Dio e un’altra in casa propria”, la denuncia: “Il testimone di Gesù appartiene a lui sempre. E per amore suo intraprende una quotidiana battaglia contro i suoi vizi e contro ogni mondanità alienante”. Infine, “testimone è colui che senza tanti giri di parole, ma col sorriso e con fiduciosa serenità sa rincuorare e consolare, perché rivela con naturalezza la presenza di Gesù risorto e vivo”. “Vi auguro di essere testimoni di speranza”, l’augurio finale sulla scorta di don Pino.
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