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“NON PIÙ VIOLENZA, MA RISPETTO!”

I fatti dolorosi di Parigi, i loro aspetti civili, sociali e religiosi, i sentimenti che ne seguono sono stati da stimolo ad una riflessione corale che ha unito le voci cristiane di Sicilia. Cattolici, ortodossi, riformati, riuniti in un appuntamento di programmazione a Palermo, nella sede della Conferenza Episcopale, hanno speso una parola e offerto una riflessione corale.
Si è trattato di una prima occasione, dice mons. Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale e delegato CESi all’Ecumenismo e al Dialogo interreligioso, per “condividere delle riflessioni e maturare insieme delle considerazioni che rispecchiassero i pensieri di noi cattolici e altri cristiani di denominazione diversa, circa una serie di eventi e manifestazioni che in questo giorni ci hanno colpito e non certo per dare una valutazione sull’Islam. E’ interessante capire – aggiunge – se le nostre posizioni sono comuni su certi eventi che succedono o ci sono differenze di valutazione e di pronunciamenti”.
È il presule siciliano ad aver invitato quanti hanno preso parte all’incontro di Commissione dell’Ufficio CESi per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso, aperto ai cristiani di confessioni differenti ad esprimersi.
Insieme con i pensieri e le considerazioni di tutti, anche una proposta: “In Sicilia non siamo certo nuovi ad incontri con uomini dell’Islam e dialoghi non più e non solo con le tre grandi religioni monoteiste o le religioni indiane. Ma, finora, questi non sono stati mossi da nessun evento: si tratta di incontri pubblici per pregare per la pace o nel corso dei quali si è esposto il desiderio di un percorso comune. Ci sono stati incontri per realizzare esperienze concrete che hanno unito religioni differenti. Adesso si è parlato in modo ecumenico del fatto doloroso e di sangue che, seppur geograficamente lontano, ci ha colpiti. Questa sofferenza è diventata terreno comune di incontro. Sono diverse, infatti, le iniziative che già nel vicino passato, nel presente e nel prossimo futuro prevedono momenti di preghiera comune a religioni differenti per affrontare insieme un argomento, un fatto, un sentimento determinato. Si tratta di incontri ecumenici, legati alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, appena conclusa; ecumenismo che si apre al dialogo con imam e rappresentanti dell’Islam per pregare non solo per la pace, ma di fronte ad un avvenimento, un problema, rispetto ai quali ci si può confrontare concretamente”.
Da sempre la Sicilia, dove rispetto ai cristiani i musulmani sono l’altra presenza più numerosa,  è stata terra di accoglienza. E da anni la Chiesa lavora per l’integrazione: sono stati concessi spazi; sono state realizzate iniziative, spesso con i giovani; si è dialogato.
A che porta? “Innanzitutto a capire cosa è la religione – dice mons. Raspanti –, perché c’è spesso un’opposizione feroce contro di essa. Il nostro modo  peculiarmente religioso di concepire l’integrazione parte da un sentire comune, un vissuto che ci permea … Ci sono energie convocate attorno al vissuto religioso, energie che vanno raccolte e convocate. Ci sono settori  nei quali tutti si aspettano che chi vive un sentimento religioso sia impegnato. Parlo, ad esempio, della carità e della solidarietà, ma potrei parlare anche della scuola e dell’educazione dei giovani. Lo Stato se ne occupa, associazionismo e volontariato vi sono impegnati, ma tutti si aspettano che la Chiesa faccia quel di più che in effetti fa. E lo fa a vantaggio non esclusivamente proprio, ma della società umana tutta. Il sentimento religioso da sempre ha dato un contributo forte alla vita di questa isola! Ma non si capisce ancora il sentimento e il valore di questo vissuto legato alla fede. Riflettendo sul ‘caso Charlie’ – aggiunge –, non abbiamo non potuto condannare con forza l’uso della violenza e ancora più l’uso della violenza nel nome di Dio. Abbiamo, però, anche detto coralmente che un certo modo di fare satira ci sembra lesivo del sentimento religioso. E lo abbiamo sentito anche noi che non siamo musulmani, perché viviamo anche noi un sentimento religioso. Attaccare i cardini della religione è attaccare una sfera tanto intima che si avvicina, come percezione, a quella della famiglia. Per me che vivo il sentimento religioso, Dio, la Chiesa, gli uomini di Chiesa, la fede … sono mia madre, mio padre, mio marito e mia moglie, sono i miei figli. Ci sentiamo feriti se qualcuno attacca queste sfere? Certamente! Bisogna reagire con la forza? Assolutamente no! Ma dovrebbe esserci, accanto alla libertà, anche un comune senso di rispetto. E non vivere un sentimento religioso non giustifica il non rispettarlo: il fatto che io non sia madre non mi permette di deridere la maternità, ad esempio.
Per questo non possiamo identificarci con Charlie, ma più con Ahmed, il poliziotto ucciso per difendere Charlie. Molta parte di questa critica antireligiosa che oggi prende sempre più piede non comprende e, addirittura, vuole fare del sentimento religioso una questione avulsa dalla convivenza civile. Guadagnare gli uomini di altra fede a questo, invece, da vissuto religioso a vissuto religioso, è certamente un vantaggio per la società civile, e non soltanto in termini di integrazione
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