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IL CARATTERE SPONSALE DEL MINISTERO ORDINATO NELLA SCRITTURA

Partendo da una lettura dell’incontro di Gesù con Pietro sulle rive del lago di Galilea tratto dal Vangelo di Giovanni, “ognuno di voi che ha ricevuto il compito di guidare il gregge di Dio , nell'apostolo può e deve riconoscersi ed identificarsi. Per tre volte il Maestro gli chiede se lo ama. E, per tre volte, Pietro risponde professando il suo amore. L’amore è l’elemento fondamentale, la componente essenziale della realtà sponsale. Ed è proprio l’amore che adesso la scena del Vangelo di Giovanni mette in gioco: amore per il Signore e amore per il gregge da custodire e guidare. È questa la dimensione sponsale che deve permeare il ministero di Pietro e il vostro ministero sacerdotale”.

Bruna Costacurta, dottoressa in Scienze bibliche e docente di Esegesi dell’Antico Testamento presso la Facoltà di Teologia della Pontificia università gragoriana, ha firmato il primo intervento al 4° Convegno regionale dei presbiteri dedicato al tema “Ordinati al presbiterio per una Chiesa in uscita. A cinquant’anni dal Decreto conciliare Presbyterorum ordinis”. Al centro del suo intervenire “Il carattere sponsale del ministero ordinato nella Scrittura”.
“La dimensione sponsale della consacrazione si può ricavare solo indirettamente dalla Scrittura. Il Cristo è presentato come lo sposo della Chiesa in alcuni importanti testi di San Paolo, ma l’immagine di Cristo come sposo è già presente nella tradizione evangelica e verrà poi ripresa con insistenza nell’Apocalisse. Questo simbolismo – ha detto Costacurta ai sacerdoti siciliani – va visto e compreso sullo sfondo della metafora sponsale utilizzata dai profeti per suggerire il rapporto di alleanza tra il Signore e Israele”.
Nella sua relazione, la docente ha proposto la lettura dell’incontro di Gesù con Pietro sulle rive del lago di Galilea tratto dal Vangelo di Giovanni. “Ognuno di voi che ha ricevuto il compito di guidare il gregge di Dio – ha detto –, in Pietro può e deve riconoscersi ed identificarsi. Per tre volte il Maestro gli chiede se lo ama. E, per tre volte, Pietro risponde professando il suo amore. L’amore – ha detto Bruna Costacurta – è l’elemento fondamentale, la componente essenziale della realtà sponsale. Ed è proprio l’amore che adesso la scena del Vangelo di Giovanni mette in gioco: amore per il Signore e amore per il gregge da custodire e guidare. È questa la dimensione sponsale che deve permeare il ministero di Pietro e il vostro ministero sacerdotale”.
E ancora la relatrice ha sottolineato che quando Gesù chiede a Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”, la domanda può riguardare la capacità di amare del discepolo, “Pietro che ama di più degli altri”, oppure sull’oggetto dell’amore del discepolo, “Gesù amato più degli altri”. “Non è necessario scegliere un senso piuttosto che l’altro, perché le due interpretazioni possono integrarsi a vicenda: la domanda di Gesù – ha spiegato – sembra chiedere a Pietro un doppio ‘di più’, che dice che Dio non può essere amato come gli altri, dello stesso amore con cui si amano i fratelli, ma insieme quella domanda insinua che Pietro, per la sua missione, deve avere una capacità di amare ancora più grande di chiunque altro”. La risposta di Pietro, per la Costacurta, afferma il suo amore. “Il testo utilizza due verbi diversi per dire ‘amare’: agapao, che si traduce con amare, e phileo, che viene reso con voler bene, e questi due termini insieme indicano la pienezza dell’amore e una richiesta di amore complessa, definitiva, totale”.
Un riferimento poi alla tristezza di Pietro. “È un’annotazione importante, perché il perdono non è mai indolore, né per chi lo riceve né per chi lo dà. E allora quella tristezza – ha spiegato la biblista – esprime da parte di Pietro la coscienza di un peccato che lo porta a fare tutto intero un cammino di conversione, sotto l’amore e il perdono di Gesù. La triplice richiesta di Gesù è l’offerta e la possibilità di un cammino di recupero del male sotto la grazia del perdono, un modo per aiutare Pietro a ripercorrere la storia del proprio peccato, ma nella certezza di essere stato già perdonato. Il ricordo del tradimento non deve essere per Pietro motivo di disperazione, ma può diventare invece luogo della manifestazione della grazia”.
Infine, la relatrice ha proposto una riflessione sulla concretezza di quell’amore. “Il ‘pasci i miei agnellini, pascola le mie pecore’ fa riferimento alla Chiesa affidata, in ogni singolo suo membro, alle cure del pastore appena investito di autorità. Ma il ministero di pastore, in questo brano evangelico, non è assegnato a Pietro per la sua fede, ma per il suo amore. Questa dimensione si rapporta con la dimensione sponsale, che ha nell’espressione amorosa la sua verità più profonda. Il ministero sacerdotale – ha concluso la docente – è una chiamata ad amare, con un amore che nutre, protegge, vivifica, favorisce la vita, la crescita, la fecondità. Perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. E questo è solo possibile se si ama, dando se stessi totalmente, ‘fino alla fine’, in un rapporto d’amore duplice e indivisibile, per il gregge e per Dio”.
A conclusione dell’intervento, Bruna Costacurta si è rivolta direttamente ai consacrati “ministri e amministratori della grazia divina, che in Pietro avete una figura privilegiata di riferimento per il vostro cammino dietro al Maestro”. A loro ha detto: “Chiamati all’amore, come ‘pastori’ e ‘sposi’, siete chiamati a vivere di un amore indiviso sia verso il Signore che verso i fratelli, spendendo la vostra vita a testimoniare l’amore. L’amore ‘fino alla fine’ del Signore Gesù, un amore sponsale che è capace di trasformare il legno della croce in un talamo nuziale”. [01]
 
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