21 aprile 2019
I messaggi dei vescovi di Sicilia
È RISORTO!
“Voi restate in città: sono le parole che Gesù risorto rivolge agli apostoli e che, da sempre, per i cristiani e per gli uomini e le donne di buona volontà, indicano un pressante invito a non abbandonare la città, ad ‘abitare il territorio’, senza estraniarsi dai suoi molteplici problemi, per quanto grandi essi siano”. Così l’arcivescovo di Catania e presidente della Conferenza episcopale siciliana, mons. Salvatore Gristina, nel suo messaggio per la Santa Pasqua, nel quale ha parlato di città come “casa comune”: “appartiene a tutti noi – ha detto -, è il luogo della nostra storia personale e comunitaria, della nostra vita sociale e professionale. Per i credenti, poi, è anche il luogo della presenza concreta di Dio che viene a sanare le nostre fragilità e a donarci sempre la speranza di cui abbiamo tanto bisogno”.
“Questa deve essere la vita del cristiano alla luce della resurrezione di Cristo: donarsi, dare il meglio di sé, offrire il servizio agli altri per contribuire al bene della società”. L’arcivescovo di Siracusa, mons. Salvatore Pappalardo, nel messaggio per la Santa Pasqua, propone ai fedeli un’espressione di San Giovanni che, nel suo descriversi come discepolo, dice: “Noi abbiamo conosciuto e creduto all’amore di Dio” e invita a guardare al cero pasquale che si accende durante la veglia pasquale con la frase: “La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito”. “Ciascuno di noi ha bisogno di ricevere la luce di Cristo che risorge. Non mancano le tenebre nella nostra società – dice il presule -, le fragilità che tocchiamo con mano. I sindacati in questi giorni hanno dato vita ad una manifestazione sul problema lavoro che non c’è. In questo periodo ho celebrato i precetti pasquali nella zona industriale ed anche lì emerge la necessità del lavoro che da dignità all’uomo. Non mancano le fragilità che costituiscono motivo di sofferenze nel cuore di ogni uomo. Mi vengono in mente – aggiunge mons. Pappalardo – i giorni che abbiamo vissuto quando la nave Sea Watch era vicina alle nostre coste ed abbiamo toccato con mano la fragilità della nostra società che non è capace di accogliere persone che vivono in situazione di estrema povertà, miseria e guerra e scappano via per essere accolte in paradiso che non li accoglie. Ci sono tante altre sofferenze che riguardano la tratta delle persone o nell’ambito della famiglia gli anziani che sperimentano la solitudine in maniera pesante. In queste situazioni legate alla nostra fragilità, l’annunzio della Pasqua che è un evento accaduto diventa fondamento valido di speranza. La Pasqua – conclude mons. Pappalardo – è motivo di speranza per noi cristiani come dice Papa Francesco. Ci affidiamo a qualcuno che ci ama”.
“Dobbiamo aprire i nostri cuori alla fiducia nell’altro e diventare protagonisti di incontro, persone dotate di una forte capacità di ascolto, di libertà interiore, nutriti dalla preghiera, quale vittoria su solitudine e disperazione”. Lo chiede l’arcivescovo mons. Giovanni Accolla, arcivescovo di Messina, nel suo messaggio di Pasqua ai fedeli. “La Pasqua – dice il presule – è il dono più bello che il Signore ha fatto agli uomini. È il passaggio dalla schiavitù alla libertà, dal peccato alla grazia, dall’individualismo alla condivisone, dalla distrazione alla prossimità. L’augurio che rivolgo alla città è di intraprendere strade che creino comunicazioni e comunioni, di distruggere barriere e preconcetti, di evitare schieramenti facendoci sentire membri di quella casa comune che è la città, luogo di condivisione della prossimità, dove ognuno si sente amato dal Signore nella responsabilità gioiosa verso i fratelli più bisognosi. Gesù – aggiunge mons. Accolla – è venuto a liberare l’uomo da ogni forma di peccato dando speranza. Con la Pasqua l’uomo prende coscienza, fa un salto qualitativo, una rivoluzione copernicana dove matura la sua identità e il senso di appartenenza a un popolo”.
Alla “Pace della Pasqua” ha dedicato il suo messaggio mons. Rosario Gisana, vescovo di Piazza Armerina, pace che è dono, che è “armonia, accordo, riconciliazione, è soprattutto memoriale di ciò che Dio sta operando per l’umanità dal momento in cui il Cristo è risorto”. Per il vescovo “la pace con noi stessi diventa poi preambolo di accettazione altrui” e, se “questa seconda modalità di pace riguarda più specificamente l’incontro con l’altro, rispettoso, aperto, accogliente”, la pace “riguarda anche tutto ciò che ci circonda, considerando che quello che abbiamo è frutto dell’elargizione gratuita di un dono. È importante, a tal proposito – dice -, capire che quello che definiamo natura è creazione, cioè spazio vitale di Dio”. Nel messaggio, mons. Gisana si sofferma sulla festa di Pasqua come “momento gioioso”: si tratta di “una consegna di relazioni nuove nel rigoglio di una pace che auguriamo anzitutto alle nostre famiglie, per le quali speriamo che si implementino aperture significative di riconciliazione; al territorio in cui viviamo e investiamo, con l’auspicio che questa volta sia l’occasione buona per un radicale cambiamento della nostra mentalità; alla nazione in cui si consuma il nostro destino, affinché ciascuno possa stabilire prospettive e realizzare sogni, e al mondo il cui ordinamento segue un istinto atavico di fratellanza universale”. Per il vescovo, la Pasqua deve diventare “criterio di incontro tra di noi, nelle nostre famiglie, nelle occupazioni più variegate (lavoro, relax, confronto), nelle grandi occasioni di scambi nazionali o internazionali”, perché “è necessario che si percepisca una duplice urgenza: la pace è l’unica risposta possibile alla salvaguardia del genere umano ed essa reclama con forza la partecipazione attiva di tutti, nella consapevolezza che su quest’aspetto siamo tenuti a crescere con umiltà e discrezione”.
“È Pasqua. Gesù è risorto. Ogni narcisismo è sconfitto perché è anzitutto dichiarato che il narcisismo è una condizione esistenziale di debolezza e perversione umana”. Lo scrive il vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, nel suo messaggio di Pasqua che rivolge alla diocesi. Il presule sottolinea che “solo una ‘nuova luce’, che è anche ‘potenza di grazia negli occhi del cuore’ permette il miracolo di vedere la realtà nella perfezione della sua verità umana, proprio là, sulla croce del Figlio di Dio nella carne umana, che muore per amore”. Indicando le caratteristiche dell’uomo e “la realtà umana di tutti”, “apertura radicale nel dono, amore che spinge la vita fino a morire, cura per altri nella dimenticanza totale del sé-possessivo”, il vescovo cita Rosmini e Nek, riconoscendo che “siamo fatti per l’Amore-agape che è Dio dall’eterno”. “Ogni essere umano è generativo, capace cioè di far procedere da sé altri da sé nell’amore”, sottolinea mons. Staglianò. Una generatività, che “è la via storica per sfuggire al narcisismo mortificante l’energia vitale dell’amore umano” e “si esprime non solo nel generare dentro il matrimonio cristiano figli e figlie che accrescono il genere umano”. “Questa generatività si manifesta, infatti, anche e soprattutto nell’introduzione educativa al processo di umanizzazione degli esseri umani”. Così il vescovo segnala alcuni casi concreti, in particolare quello relativo alla famiglia. “Perché i genitori vincano il narcisismo che è distruttivo dell’amore dovuto ai propri figli è necessario che diventino padri e madri dei loro figli – sottolinea il presule -. Esistono infatti figli con genitori, ma senza padri e madri. Essere padre e madre significa imparare l’amore da comunicare ai figli perché i figli restino umani e crescano umanamente”. Una “impresa” che “sarà impossibile senza rivestire l’uomo nuovo”. Per mons. Staglianò, “è l’uomo che, superato il narcisismo, è tutto impegnato nel dono di sé per altri, in un servizio di autentica carità”.
Nel suo messaggio di Pasqua alla diocesi, mons. Carmelo Cuttitta, vescovo di Ragusa, parla di luce e buio, che, nella mente dell’uomo, sono collegate al bene e al male, alla vita e alla morte. “La Pasqua di Gesù – dice il presule – ci fa pensare agli innumerevoli atteggiamenti, progetti, gesti di amore, alle tante scelte e alle tante storie di donazione in cui si dona dignità e felicità all’altro, soprattutto al povero, al piccolo, all’escluso, al sofferente. Lì c’è il Risorto, c’è vita, c’è felicità vera, c’è vittoria del Bene: c’è Dio. Penso, all’opposto, ai gesti, ai progetti, alle scelte di odio, di violenza, di egoismo, di oppressione, di corruzione, di indifferenza. Lì c’è morte, buio, c’è vittoria del male: lì Dio è cacciato e rifiutato”. L’augurio di mons. Cuttitta per la Pasqua è “di ritrovare il Signore Gesù, risorto perché ha amato, la fonte della nostra felicità più vera e la spinta a fare della nostra esistenza una esistenza per gli altri. Le occasioni sono numerose, la vita ne è piena: non sprechiamole. Saranno tante piccole Pasque – conclude – che ci conducono alla grande, luminosissima Pasqua che non ha fine”.
“Non cesseremo mai di annunciare la follia della croce e la inaspettata novità della Risurrezione di Gesù, di pregare e cantare il Suo nome, di approfondire le insondabili ricchezze del Suo Mistero, di testimoniare la vita nuova che lo Spirito del Signore Risorto genera in noi”. Lo scrive mons. Giorgio Demetrio Gallaro, eparca di Piana degli Albanesi, nel messaggio ai fedeli greco Albanesi della sua diocesi per la Pasqua, definita come “provvidenziale appello a centrare la nostra vita e la nostra azione sul Signore Gesù”. Il vescovo ricorda che “mai, come oggi, avvertiamo che siamo noi cristiani i veri portatori di novità culturale con quell’originale concezione dell’uomo che Cristo ha rivelato e di cui noi siamo chiamati ad essere convinti assertori, coraggiosi promotori e gioiosi testimoni”. E aggiunge: “La Comunità cristiana nasce dal costato squarciato di Cristo, dal sepolcro vuoto. I discepoli, che durante la passione di Gesù erano fuggiti e si erano dispersi, ritrovano la loro coesione interiore e si costituiscono in comunità nell’unanime professione di fede dell’avvenuta Risurrezione di Gesù. Non è la fede che crea la Risurrezione di Gesù – scrive mons. Gallaro -, è il Signore Risorto che, con la forza del Suo Spirito, genera la fede e consente ai credenti di formare con il Signore Risorto un unico corpo”.
Attraverso quattro icone del Duomo dedicate all’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus, l’arcivescovo di Monreale, mons. Michele Pennisi, offre ai fedeli una riflessione che parte da questa “pagina esemplare per mostrarci come il Signore risorto è presente ancora oggi nella nostra vita di credenti e come possiamo incontrarlo” e indica ai fedeli la “frazione del pane, come agli inizi era chiamata l’Eucaristia”, da sempre al centro della vita della Chiesa. “Per mezzo di essa – scrive il presule nel suo messaggio di Pasqua – Cristo rende presente, nello scorrere del tempo, il suo mistero di morte e di risurrezione. In essa Egli in persona è ricevuto quale «pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51), e con Lui c’è dato il pegno della vita eterna, che ci fa pregustare l’eterno convito della Gerusalemme celeste”. E aggiunge: “Anche oggi Gesù è pronto ad andare con coloro che si stanno allontanando dal cenacolo, dalla comunione dei fratelli, dalla Chiesa. Da risorto, non smette di essere il Pastore buono che va in cerca delle pecore smarrite. Sulla strada dei nostri interrogativi, delle nostre inquietudini e talvolta delle nostre cocenti delusioni, Gesù il divino Viandante continua a farsi compagno del nostro incerto cammino per aiutarci a comprendere il senso della sacra Scrittura, svelarci il significato della sofferenza e della morte alla luce del disegno misterioso di Dio”.
Il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, apre il suo messaggio per la Pasqua soffermandosi sull’“interesse diffuso, la commozione appassionata e la fattiva volontà di ricostruzione” che ha seguito l’ibce Della Cattedrale di Notre Dame, che racconta il “bisogno di trascendenza che nel sacro ha sicuramente una risposta sicura ed esauriente”. “Mi va di pensare che possa rientrare in questa visione delle cose anche la Pasqua. Molti oggi non sanno neanche cosa significhi questo termine. Eppure tutti si avvalgono del carattere festoso di questi giorni e tutti si adeguano a certi riti, per niente liturgici, che ormai fanno parte delle relazioni sociali. Forse – scrive il presule – bisognerà attendere qualcosa che, come a Parigi, conferisca una nuova prospettiva a una festa che per i cristiani è decisamente la prima, la più centrale, l’unica necessaria. E allora- prosegue mons. Mogavero – è naturale chiedersi se non sia proprio una responsabilità nostra la visione alienante della Pasqua, che privilegia il turismo, il banchetto, i dolci tradizionali, ma non si prende cura di annunciare, vivere e testimoniare la definitiva vittoria della vita sulla morte in Gesù Cristo, morto sepolto e risorto. L’augurio che faccio è, perciò, che come l’esplosione di vita ribaltò la pietra del sepolcro a Gerusalemme, così la carica di vita bella dei cristiani, risorti per grazia, dia una speranza nuova al nostro tempo, facendo trionfare la vita in tutte le realtà nelle quali essa continua a essere osteggiata, crocifissa e sepolta”.
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