Pubblicato il

10 luglio 2019

Palermo

“CONDANNA DI OGNI FORMA DI STRUMENTALIZZAZIONE DI QUALUNQUE TIPO DI MANIFESTAZIONE RELIGIOSA O DI PIETÀ POPOLARE”

“CONDANNA DI OGNI FORMA DI STRUMENTALIZZAZIONE DI QUALUNQUE TIPO DI MANIFESTAZIONE RELIGIOSA O DI PIETÀ POPOLARE”

In seguito a vaste e infondate polemiche, scaturite da un falsa e tendenziosa interpretazione dei fatti relativi alla processione del 30 giugno 2019, mi fa dovere ricostruire rettamente gli eventi e le mie intenzioni“. Così don Guglielmo Bivona, parroco di Villafrati, interviene con una lettera aperta sulla sosta durante la processione del Corpus Domini che alcuni mezzi di informazione hanno descritto come un “omaggio a un soggetto ritenuto appartenente ad ambienti mafiosi”.

Don Bivona spiega che “l’itinerario è stato approvato dalla Curia, dalla Questura, nonché dal Sindaco e dal Comandante della Stazione dei Carabinieri” e precisa che “per tradizione secolare, gli altari vengono preparati dai fedeli che vivono nei pressi dell’itinerario della processione e il loro allestimento è lasciato alla loro libera volontà” e che “alcuni si realizzano tradizionalmente in alcuni luoghi da sempre“. “Io non incido, né potrei in alcun modo incidere, sulla scelta di collocare in un luogo piuttosto che in un altro, pertanto non ho deciso io, in alcun modo, che lo stesso fosse posizionato presso quella abitazione” scrive il sacerdote, che pure “smentisce espressamente la circostanza per cui mi sarei intrattenuto per salutare la moglie del ‘mafioso‘”.

Ho tenuto lo stesso comportamento in più di 20 altari allocati lungo l’intero tragitto della detta processione – spiega – ed essendo assorto nel momento di preghiera che si stava vivendo, vedevo dinnanzi a me solo i fedeli e ho del tutto trascurato la circostanza per cui presso quell’abitazione potesse abitare la famiglia di un soggetto noto al malaffare”.

Mi sono sempre battuto per la giustizia e la legalità – scrive don Guglielmo Bivona – e continuerò a farlo, partecipando alle varie iniziative di volta in volta previste e promuovendole. Mi sono sempre attenuto alle regole ed ai principi di onestà e correttezza, nei quali credo fermamente“. E aggiunge: “Credo di avere poco da rimproverarmi davanti a Dio perché ho agito in assoluta buona fede, come ho sempre fatto nei quaranta anni nei quali ho dedicato il mio impegno esclusivamente alla cura delle anime ed, ove la mia condotta abbia però turbato qualcuno, me ne dolgo profondamente, ma non era certamente questa la mia intenzione“.

Intanto in una nota stampa della Curia palermitana, prendendo atto delle spiegazioni fornite dal parroco e della “sua dichiarata ed esplicita estraneità a qualsiasi forma di compiacimento o vicinanza a persone appartenenti ad organizzazioni mafiose“, si “ribadisce con forza la condanna da parte della Chiesa di Palermo e del suo arcivescovo, mons. Corrado Lorefice, di ogni forma di strumentalizzazione di qualunque tipo di manifestazione religiosa o di pietà popolare messa in atto da chicchessia“.

La nota diocesana fa riferimento alle parole pronunciate da Papa Francesco durante la visita  a Palermo, il 15 settembre dello scorso anno, in occasione del 25° anniversario del martirio del Beato don Pino Puglisi, e al Decreto con cui l’arcivescovo ha preso una ferma posizione circa l’appartenenza alle Confraternite da parte di persone condannate per reati di mafia o facenti parte di organizzazioni massoniche. Citando, poi, il documento “Convertitevi!”, pubblicato dai vescovi di Sicilia  nel maggio 2018, a 25 anni di distanza dall’anatema di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, la Chiesa palermitana ribadisce che “non possiamo rassegnarci a veder degenerare le varie forme di pietà popolare in espressioni di mero folklore, manovrabile in varie direzioni, anche da parte delle famiglie mafiose di quartiere“.